Quickribbon Occhio su Roccella: ottobre 2005
_@_OcchiO su Roccella _@_ Scelti per Voi: Camilla che odiava la politica - Autore: Luigi Garlando - Casa editrice: Rizzoli. - (Camilla ha dodici anni e vive in un paese di provincia insieme al fratellino e alla mamma. Il papa, in passato braccio destro del Primo Ministro, non c'è più: si è suicidato in carcere sei anni prima, dopo essere stato accusato ingiustamente di corruzione. Da allora Camilla odia la politica e tutto ciò che ha a che fare con essa. Ma un giorno in paese arriva un barbone, che prima la aiuta a ribellarsi a un gruppo di bulli della sua scuola, e poi, piano piano, le insegna che cosa sia la politica, quella vera, quella a cui il suo papa aveva dedicato tutto se stesso. E grazie a quelle lunghe chiacchierate Camilla impara a far pace con la politica e con il mondo, quello dentro di sé e quello in cui vive.)

AdnKronos News

domenica, ottobre 30, 2005

l'Omelia di Mons. Bregantini


Omelia per la liturgia Esequiale

dell’On. FRANCESCO FORTUGNO

Cattedrale di Locri, mercoledì 19 ottobre 2005.

Carissimi fratelli e sorelle,

vi saluto con un cuore pieno di lacrime e di coraggio, nel nome del Cristo Risorto, alfa ed omega, punto focale della nostra Storia, anelito di ogni cuore e speranza che asciuga le tante lacrime dai nostri occhi.

In primo luogo mi stringo ai familiari dell’on. Francesco Fortugno, cui va la mia più affettuosa solidarietà e vicinanza, le tante Autorità di ogni ordine e grado, a livello locale, regionale e nazionale, cui rivolgo un rispettoso saluto di stima, insieme ai tanti presbiteri e seminaristi, con le religiose, i giovani soprattutto e l’intero popolo di Dio.

La cerimonia che stiamo vivendo si inserisce, direttamente, proprio nel grande evento del CONGRESSO EUCARISTICO DIOCESANO. Infatti, proprio mentre la Diocesi tutta, nella memorabile serata di luce di Domenica pomeriggio, celebrava l’inizio del Congresso, segno di riconciliazione nel sangue del Cristo, “versato per amore” in luoghi dove tanto sangue era stato versato, è giunta la notizia della barbara uccisione dell’On. Francesco Fortugno, il cui sangue si aggiunge così al tanto sangue già sparso in questa nostra amata ed amara terra della Locride. Si è forse accorciata la mano del Signore sopra di noi?

Ben ha dipinto questa situazione di tristezza diffusa il profeta Geremia: “da grande calamità è stata colpita la figlia del mio popolo, da una ferita mortale...!” (14,17).

Non sia fuori luogo la terribile domanda, sgorgata dal cuore del profeta: Hai forse rigettato completamente la città di Sion?...perchè ci hai colpito? Non c’è rimedio per noi! Aspettavamo la pace, l’ora della salvezza ed ecco il terrore” (14,19).

Proprio perché tanto la amiamo questa terra, tutti noi, ci penetra dentro questa ferita mortale. E mille volte ci chiediamo: “ perché tanto sangue? Perché questa uccisione? Chi l’ha così proditoriamente pensata, organizzata e attuata? Perché proprio nei confronti di quest’uomo, che si è sempre distinto per umanità, tanto ascolto, amabilità, vicinanza alla gente, spessore umano e politico, senso religioso della vita in lui e nella sua vasta famiglia, cui siamo affettuosamente vicini e solidali? Perché? ”.

Sul piano delle indagini, dovranno essere gli inquirenti a saper rispondere. Con forza, chiediamo che sia fatta luce al più presto e con la maggior professionalità possibile, fino all’arresto dei colpevoli. Senza esternazioni fuori luogo. ma con quella serietà e misura che arriva, pazientemente, ma ostinatamente, allo scopo, da tutti atteso.

Sul piano politico, abbiamo finalmente visto una riscossa forte di tutte le realtà partitiche, nazionali e regionali, per reagire a questa devastante offesa alla Politica. La visita di ieri pomeriggio del Presidente Ciampi, in questo senso, si è stata di grande conforto e sostegno, con le sue parole affettuose, umanissime ed insieme incoraggianti per il futuro di questa nostra terra.

Perché il problema, oggi, non è solo a Locri, ma è soprattutto a Roma. Cioè a dimensione nazionale, non solo locale.

La ‘ndrangheta, infatti, con questo delitto:

· ha voluto dire che intende dominare e sottomettere proprio la Politica, locale e nazionale, perché sia strumento docile ai suoi enormi interessi economici.

· Cerca perciò di spezzare i legami, preziosi, tra la classe politica e la gente, per ricondurli a sé, per meglio dominare e piegare entrambi.

· Per questo, ha voluto dare un macabro messaggio di umiliazione sociale, per intimorire e paralizzare ogni altra azione di bene e di sviluppo.

Questa è la nostra lettura. Condivisa da tanti, da tutti, crediamo, oggi, in questa cattedrale e fuori sulla piazza, gremita di gente, con occhi rigati di rabbia e di dolore.

Eppure, qui si innesta la scelta che come Diocesi abbiamo fatto di iniziare il Congresso Eucaristico proprio da una zona bagnata di tanto sangue, anche recente. Cioè, proprio là dove il sangue è stato versato da mani inique, è necessario “versare il sangue di Cristo, l’unico antidoto perché non sia più versato il sangue del fratello. Solo Cristo, che ha istituito l’eucarestia nella notte del tradimento, come supremo dono d’amore, potrà trasformare la violenza in amore, la morte in vita e la vendetta in perdono.

Due striscioni si congiungono, idealmente, nel mio cuore: quello bianchissimo dei nostri studenti delle scuole di Locri, che con questa immagine hanno colpito e fatto pensare l’Italia tutta. Con tutti voi, anch’io ho tanto apprezzato il loro gesto, la loro fantasia creativa, che con l’intuizione giovanile, sa parlare con i segni in modo efficace.

E lo striscione dei ragazzi di Bruzzano, altrettanto coraggioso, che così recitava: In Gesù eucaristico, la violenza si trasforma in amore!”, valorizzando la grande omelia di Papa Benedetto ai giovani della Giornata Mondiale a Colonia!

Queste due immagini hanno una forza immensa: l’indignazione e la tristezza dello striscione bianco, insieme con la forza trasformante che, tutti insieme, dobbiamo dare a questo tragico evento, riempiendo lo striscione bianco di parole di speranza. Di fronte all’evento,

· Non dobbiamo subirlo, ma trasformarlo.

· Non viverlo nel vuoto della rabbia, ma valorizzarlo, per nuova progettualità culturale.

· Non lasciarlo nella emotività di pochi giorni, già tipica di questa terra e per giunta, ora, sussidiati da una inaspettata catena mediatica, ma proporre a noi tutti una triplice purificazione, che cambi il nostro cuore e la nostra terra.

Paolo ci ha detto: Perciò non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si fa disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno! (2 Corinzi, 4,16).

Mi poneva un giornalista una domanda inaspettata ed originale: “Ma questo atto, non potrebbe essere un gesto di debolezza?”.

Ho tanto riflettuto su questa intuizione, molto ci ho pregato.

E credo sia la chiave di lettura che dobbiamo dare a questo evento.

Il vangelo lo ha reso con efficacia immensa, nella toccante immagine del seme che muore e produce molto frutto. (Giovanni 12, 24-26).

La morte dell’onorevole Fortugno sia proprio questo seme che, caduto in terra, muore sì ma nel suo morire, porta per tutti noi, per la nostra gente, per questa amata terra di Calabria, per il suo ospedale, per la politica e per la chiesa tutta una purificazione trasformante.

A triplice livello: spirituale, culturale, politico.

a) UNA PURIFICAZIONE SPIRITUALE: è per noi, radunati in questo luogo, la principale e decisiva. Come chiesa, sulla scia del santo vescovo don Tonino Bello, questo evento ci spinga sempre più a quelle tre scelte fondamentali: annunciare, denunciare, rinunciare.

· Più chiara sia la nostra Parola di preti, più vivo il Vangelo che annunciamo, più profetica la nostra testimonianza di cristiani, più consequenziale in tutto la nostra vita. A tutti i preti e a tutti i cristiani chiedo chiarezza di vita, coraggio anche fino al martirio. Alla bellezza della Domenica, aggiungiamo la coerenza del lunedì!

· Cresca l’Adorazione eucaristica, frutto di questo Congresso, fattosi tremendamente vero, per imparare, da quel gesto, specie per i giovani, ad adorare solo e soltanto la grandezza di Dio, senza mai piegare il capo di fronte al

male e di fronte ad altri idoli, suadenti ma ingannevoli, per non essere succubi dei prepotenti e dei mafiosi

· Riprendiamo l’efficace scelta del digiuno, per la conversione dei delinquenti. Non sembri fuori luogo questo gesto antico, perché resta sempre una delle forme più attive di non-violenza, per affinare le nostre coscienze, per non ingoiare i cammelli, per resistere al falso mito del denaro facile, per risvegliare le coscienze dei deboli, allenandoci così ad un’etica di speranza e di coraggio.

b) UNA PURIFICAZIONE SOCIO-CULTURALE, frutto maturo della purificazione spirituale. Perché una vera spiritualità cambia poi la nostra vita. Specie nell’ambito dell’onestà nella vita professionale e sul lavoro, fatto di impegno serio, con una rinnovata motivazione e aggiornata qualificazione. Non più vivere né pensare in termini di assistenzialismo, che ha devastato la nostra coscienza e desertificato la nostra terra, svuotandola di ogni iniziativa imprenditoriale. Se tutto aspettiamo dagli altri, nulla mai faremo e nulla costruiremo per il futuro nostro e dei giovani né saremo più capaci di opporsi a chi, con la forza della violenza, vuole mangiare sugli appalti, speculare sulla cooperazione, organizzare il controllo del territorio.

Occorre un forte risveglio delle nostre coscienze, non alimentando più l’iniquità del male, opponendoci alle richieste estorsive, denunciando l’usura.

Ecco perché mi piace riportare qui uno striscione dei giovani, che ieri hanno sfilato nelle vie della nostra città, così ferita ed insieme così tenace:

L’omertà, la vostra forza; noi giovani, la vostra fine!

Ma soprattutto, occorre che tanto, tanto amiamo questa nostra terra di Calabria. E’ poco amata, poco conosciuta, mal raccontata (solo nei grandi eventi negativi si vedono le televisioni nazionali e i corrispondenti dei grandi giornali!). Ogni mamma, ogni maestra, ogni catechista sappia trasmettere, con passione, l’amore alla propria terra. Allora, le case saranno finite, le strade curate, le scuole dignitose, le chiese aperte, i lavori fatti bene, i circoli culturali attivi, i partiti concreti, le iniziative imprenditoriali portate a termine!

c) UNA PURIFICAZIONE POLITICO-ECONOMICA, frutto maturo del precedente cammino spirituale, etico e culturale.

Finalmente, in quest’occasione, si sono svegliati i grandi partiti sul caso Calabria. E’ triste, per me, dire “caso Calabria”. Non la cito mai così, la chiamo sempre “terra di giardino”, perché così l’hanno fatta le mani sapienti del Padre, riempendola di colori e di profumi!

Ma quanto sangue in questo giardino, quante volte Caino vi ha ucciso Abele!

E allora, chiedo a tutte le forze politiche di star molto accanto alla gente, di ascoltarla, di star vicino alla Locride, di seguire i nostri passi, di intrecciare le

economie del Nord, più organizzate, con la freschezza delle intuizioni dei nostri giovani imprenditori, di rifinanziare il prestito d’onore, di non tagliare la spesa sociale, perché allora, non intervenendo adeguatamente nelle ferite aperte, esse non saranno feritoie di grazia ma cancrena sociale, che la mafia, astutamente e perfidamente, utilizzerà per i suoi iniqui scopi!

Soprattutto dobbiamo tutti vigilare, con mezzi adeguati e forze intelligenti, specie con la Guardia di Finanza, sull’utilizzo dei fondi, sui palazzi che crescono di colpo, sull’usura, piaga vergognosa che la mafia utilizza vastamente per il controllo del territorio, intervenendo tramite un pool di polizia specializzato, senza attendere che sia il povero usurato a denunciare, nel sostegno sistematico ai pochi ma coraggiosi testimoni di giustizia.

La politica deve dimostrare che lo Stato c’è. Non la polizia, ma gli investimenti e il lavoro lo dimostreranno realmente e renderanno credibile tale dichiarata presenza, di cui tutti abbiamo immenso bisogno.

E chiudo, rivolgendomi con forza alla giustizia di Dio, giustizia certa, che insegue con determinazione i passi, tristissimi, degli uccisori e di chi ha ordinato questo infame delitto, chiarissimo per le sue modalità mafiose.

Chi ha fatto il male - abbiamo sentito nel salmo 10- lo paga sempre, perché il Signore spezza il braccio dell’empio e del malvagio!

Se lo diciamo con forza, a rischio di essere fraintesi, è perché, in questa assurda catena di omicidi impuniti, si è perso il santo timor di Dio, l’unico deterrente contro il male devastante.

Al termine, canteremo una struggente canzone alla Madonna Addolorata, in dialetto, che proviene dai nostri paesi interni, struggente e commovente, che spezza il cuore, dedicandola alla moglie Maria Grazia, alle tante mamme colpite negli affetti più cari, ma anche alle mamme di chi fa il male, perché la drammaticità del dolore delle nostre mamme cambi finalmente il cuore indurito dei killer e dei mandanti.

“ Tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; sconvolti ma non uccisi; perseguitati ma non abbandonati ”, con lacrime amare, annunciamo ancora la bellezza della vita, con rigenerato coraggio, dono dello Spirito che sempre ci consola e tutta sa rinnovare, perché anche la faccia della Locride, così insanguinata e così bella, cammini sulla strade del coraggio verso un futuro di speranza. Amen.

Locri, 19 ottobre 2005,

+ p. GianCarlo Maria BREGANTINI

Vescovo di Locri-Gerace

venerdì, ottobre 28, 2005

Esattamente un anno fà scrivevo...

SPECIALE: Il Ministro Pisanu "Nella Terra di Nessuno"

postato da pIcIaRo
Sabato 23 Ottobre 2004 ore 12:23:36

Il Ministro dell'Interno Beppe Pisanu è arrivato in visita a Reggio Calabria ieri sera dove ha ribadito l'importanza di un "impegno solidale contro la mafia". Appena arrivato il ministro ha tenuto un vertice operativo in prefettura con i vertici della Polizia, dell'Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e i cinque prefetti delle province calabresi. Oggi invece nell'aula del Consiglio Regionale incontrerà i vertici politici e sociali della regione.
Lo Stato così vuole dare una risposta forte ai recenti atti intimidatori nei confronti dei sindaci di Reggio e Villa con una decisa controffensiva nei confronti della 'ndrangheta calabrese.

Ci sarà questa controffensiva? Riuscirà lo Stato ad impedire l'infiltrazione della mafia in altri comuni del Reggino? Riusciranno le istituzioni a proseguire un cammino nella legalità? Riuscirà lo stato a non far finire nelle casse della 'ndrangheta i molti appalti che partiranno di qui a breve nella Regione?

Mah!?!... Di certo quella che i recenti studi statistici fotografano non è la terra delle istituzioni... la terra di nessuno!



giovedì, ottobre 27, 2005

Tutti in Tv!

Molti stanno (s)ragionando di Calabria, l'importante infatti è andare in Tv, non importa a far cosa, e proporre cosa, l'importante è parlarne.
A voi la decisione se aprire o meno la piccola parentesi nella frase sopra, io la aprirei e per questo l'ho aggiunta ma se a Voi va bene così....


I ragazzi di Calabria vanno in Tv. Ad ospitarli sarà la trasmissione L'incudine condotta dall'ex ministro Claudio Martelli in onda su Italia 1. Anche Giuliano Ferrara con la sua Otto e mezzo (ore 20.30 La7) dedicherà uno speciale di due ore ai giovani calabresi, con una puntata da Locri intitolata «E ora ammazzateci tutti»: lo slogan con cui i ragazzi di Calabria avevano sfilato durante i funerali di Francesco Fortugno. Interverranno dalla sala Comunale di Locri sindaci, esponenti della società civile e imprenditori.

Intanto, la Giunta regionale su proposta del vicepresidente Nicola Adamo, d'intesa con il presidente Loiero, ha approvato una delibera con la quale indice una campagna di sensibilizzazione per la legalità. E tra le iniziative c'è la realizzazione di una maglietta che assume come logo lo slogan dei ragazzi di Locri. La maglietta avrà la scritta sul petto «Adesso ammazzateci tutti». La t-shírt sarà consegnata alle scuole, alle rappresentanze territoriali che ne faranno richiesta e diventerà lo strumento caratterizzante di un movimento di reazione e di contrasto al fenomeno della mafia e della criminalità organizzata. Pronti a firmare la maglietta si sono detti illustri personalità calabresi come il registra Mimmo Calopresti, l'imprenditore Santo Versace, lo scrittore Carmine Abate, il pittore Mimmo Rotella. Il colore della maglietta è su fondo bianco a testimonianza e sinonimo di quel lenzuolo bianco esposto dai ragazzi di Locri senza parole. Sul retro della t-shirt sarà apposta la scritta che richiama il titolo di un famoso film di Mimmo Calopresti «preferisco il rumore del mare».


mercoledì, ottobre 26, 2005

IL fascino discreto della CALABRIA!

Come per un film surrealista assisto alle trasmissioni sull'omicidio Fortugno (leggi Ballarò), e mi chiedo se è mai possibile che non si rendano conto di ripetere tutti la stessa cosa...
Il surreale mi colpisce quando mi rendo conto che l'unico che ha saputo affrontare questa discussione senza cadere nel "bestiario" del detto e ridetto, è stato l'elefantino (leggi Giuliano Ferrara) e l'ottima sua spalla Ritanna Armeni. Il loro 8 1/2 è è stato l'unico programma, tra quelli così detti d'approfondimento, che ha trattato la questione in modo OBIETTIVO, tralasciando facili tatticismi e posizioni di partito, cercando di trovare con gli ospiti (sempre OTTIMI, ieri Mons. Bregantini, Prodi e G. Scopelliti) una chiave di lettura e di risposta al problema istituzionale e politico che c'è in calabria evitando l'aspetto della cronaca o dell'inchiesta. Brava La7!
A tal proposito vi ricordo che domani (27/10) la puntata di 8 1/2 sarà nuovamente dedicata al problema criminalità in Calabria e soprattutto alla Locride.






Ora vi propongo un poco di articoli (quelli reputo migliori visto che la stampa si sta sbizzarrendo sulla calabria e non ci si riesce più a starci dietro con tutta le stronzate(latinismo) che scrivono) della settimana appena trascorsa.


CORRIERE DELLA SERA
del 25/10/2005

Argomenti di classificazione Int. a LOIERO AGAZIO "IL RISCHIO DI PRESSIONI E RICATTI E' CONTINUO" (BIANCONI GIOVANNI) a pag.14

EUROPA
del 25/10/2005

Argomenti di classificazione TABULATI E VECCHI MERLETTI (ORLANDO FEDERICO) a pag.1

GIORNALE
del 25/10/2005


SOLE 24 ORE
del 25/10/2005

Argomenti di classificazione "SERVE UN VERO PIANO CONTRO LA 'NDRANGHETA" (LEONETTI VINICIO) a pag.17

REPUBBLICA
del 23/10/2005

Argomenti di classificazione Int. a MINNITI MARCO MINNITI: TEMO ALTRI DELITTI ECCELLENTI (BEI FRANCESCO) a pag.2

PANORAMA
del 21/10/2005

Argomenti di classificazione Int. a COSSIGA FRANCESCO "A LOIERO RIPETO: VA' SUBITO VIA DA LI' " (PIPERNO ANTONELLA) a pag.66

DIARIO
del 21/10/2005

Argomenti di classificazione LOCRI,DOPO IL VOTO IL SANGUE (CHIRICO DANILO) a pag. 16/17

AVVENIRE
del 20/10/2005

Argomenti di classificazione CHE SCOSSA IERI NEL DUOMO DI LOCRI (CARELLO ROSARIO) a pag.1

MANIFESTO
del 20/10/2005

Argomenti di classificazione Int. a CIOTTI LUIGI "BASTA CON LA FILASTROCCA SUI GIOVANI" (A.FAB) a pag.4

MESSAGGERO
del 19/10/2005


AVVENIRE
del 18/10/2005

Argomenti di classificazione Int. a BREGANTINI GIANCARLO MARIA "VOGLIONO COMANDARE E PIEGARE LE COSCIENZE" (LUCA' GIOVANNI) a pag.12

FOGLIO
del 18/10/2005







martedì, ottobre 25, 2005

BENVENUTI IN EUROPA!

Oggi avrei voluto inserire una rassegna degli articoli più interessanti della settimana sull'Omicidio Fortugno (in una settimana ne sono stati scritti più di 300, mentre in passato della Calabria nei giornali nazionali se ne parlava con una media di 18-20 articoli a settimana!) ma purtroppo siamo UFFICIALMENTE ENTRATI IN EUROPA, se è vero che il prestigiosissimo TIME ci ha dedicato un articolo e ha addirittura inviato nella locride un suo inviato. Il testo è in Inglese e ve lo riporto fedelmente con tanto di immagini!










Europe / Italy Death Comes To Locri
The brazen murder of a politician in Calabria stokes new fears that mobsters from Italy's troubled south want a bigger empire




NICK CORNISH FOR TIME
TOWN SPIRIT: Mourners at the funeral of mob victim Fortugno flowers left in the street




















Sunday, Oct. 23, 2005

Gunning down Francesco Fortugno in front of dozens of bystanders was cold-blooded enough, but the hit man's next move was even more chilling. As Fortugno, a leading politician in Italy's deep-south region of Calabria, crumpled to the floor with five bullets in his torso, the masked attacker lowered his handgun and strolled calmly through the exit of the local polling station to a waiting car. The bleeding 54-year-old former physician and father of two, who had just voted in Italy's center-left coalition primary, died minutes later at the same Locri hospital where he had once worked.



The callous nature of the murder marked it unmistakably as a professional hit by Calabria's powerful crime syndicate, the 'Ndrangheta, a word of Greek origin meaning courage or loyalty. The message was just as clear: We're in charge here. The gangland execution of the respected Vice President of the Regional Assembly as he cast his vote was a warning that no one is safe, particularly not politicians like Fortugno who might have ideas about changing the status quo. The Bishop of Locri, Giancarlo Bregantini, noted that there were "two places in the world where they shoot at the polling stations: Iraq and Calabria." Though the outcome of the vote wasn't at issue in Calabria, the polls provided a perfect setting for the mob to make its point. "This murder was carried out for maximum political symbolism," says Agazio Loiero, Calabria's Governor, who has received multiple death threats since gaining office last spring. "The killers want to show that they can strike anyone, anywhere, at any time — that the territory of Calabria is under their control."

At the packed funeral service for Fortugno, attended by national politicians and mayors from across southern Italy, Bregantini declared: "This isn't just about Locri. All of Italy's political autonomy is at stake." The high-profile murder has raised fears in Rome that the growing brazenness of 'Ndrangheta could escalate into a bloody war against national authority, like the one that erupted in the 1980s when the Cosa Nostra sought to tighten its hold on Sicilian society and politics.

Life is already bleak on this southern tip of Italy's boot-shaped peninsula. The honest people of Calabria struggle just to get by in one of Europe's most economically depressed corners, where nearly 25% of families live below the poverty line. Meanwhile, the region's mob bosses are ruthlessly expanding their empire. Once considered less sophisticated and less organized than its nearby Sicilian cousins, 'Ndrangheta was notorious in the 1980s for brutal but not necessarily lucrative kidnappings for ransom. For decades, Calabrian gangsters were satisfied with taking a cut from the limited economic activity of the countryside. But after an intense government campaign forced the Sicilian Mafia to scale back its narcotics business, the coastal region of Calabria offered an ideal alternative as a drug-trading route.

Over the past decade, officials say, the Calabrian clan has evolved into Europe's leading cocaine trafficker, with a network extending from Europe to South and North America and Australia. Its members are also deeply into related criminal enterprises like arms dealing, toxic-waste dumping, money laundering and graft from public-works contracts. Last week, Interior Minister Giuseppe Pisanu declared that 'Ndrangheta is "the most entrenched, most powerful, and most aggressive of Italy's large criminal organizations."

After Fortugno's funeral, police launched a series of coordinated raids in Calabria, Rome and Milan — as well as in Belgium, France, Serbia and Montenegro, and Spain — that has so far netted more than 40 suspected 'Ndrangheta members and associates believed to be involved in the cocaine trade. But Italian officials worry that the clan has a lucrative new financial target in its sights. Earlier this month, a general contractor was chosen to build what will be the world's longest single-span suspension bridge to connect Calabria to Sicily. Antimob investigators say the criminal networks on both sides of the Strait of Messina are hungrily eyeing the j5.7 billion project in hopes of a slice.

The local strength and worldwide reach of 'Ndrangheta is a bit hard to imagine amid the dilapidated piazzas and alleyways of Plati, a small town perched in the jagged hillside above Locri. The municipality of 4,000 is considered one of the clan's main strongholds. From here, the bosses orchestrate their international drug ring and send hit men out to whack rivals down in the flatlands of Calabria and beyond. Three years ago, local police discovered that town funds had been used to construct an intricate system of escape hatches leading from the center of town through the underground sewage system to help wanted men flee the authorities. After pointing out several of the concrete covers now blocking the hatches, a police officer notes the surreptitious signals from a few locals as they pass by. It means, he says, "we're being watched."

Part of what makes 'Ndrangheta so hard to crack is the way it can still rely on strong family ties, cemented through marriage, to keep its secrets. "Cosa Nostra is much more hierarchical," says the police officer. "Here, control is even stronger because no one talks." Not a single arrest has been made for any of the past year's 23 murders in this stretch of eastern Calabria. Local residents say that they are not complicit in omertà, the mob code of protective silence. But most are scared that the government cannot protect them if they talk.

Lingering in front of the cathedral after Fortugno's funeral, Giuseppe Macri, 50, says he was skeptical that all the strong words spoken from the pulpit would be followed by action. "Calabria is the most neglected region in Italy," he says. "There's always someone else's emergency that comes before ours. We Calabrians have lost faith. We know next week, all the attention will be gone."

Macri's only son will be finishing high school in the spring and the father, proud of his Calabrian roots, says he'd always hoped his boy would study at a local university, just like dad. After the assassination, though, he has advised his son to go north to university — and stay there afterward. "I can't delude myself anymore," says Macri. But the departing steps of honest folk are music to the ears of 'Ndrangheta — and a blaring alarm to the rest of Italy.

domenica, ottobre 23, 2005

'Ndrangheta, telefonate al Viminale






Delitto Fortugno, i contatti tra il medico boss coinvolto nel caso
e un'utenza in uso al ministero dell'Interno. Ecco i documenti
'Ndrangheta, telefonate al Viminale
spuntano chiamate a numeri segreti

Si scava nei tabulati sul traffico telefonico tra il 1997 e il 2003
dai nostri inviati ATTILIO BOLZONI e CARLO BONINI



REGGIO CALABRIA - Nell'inchiesta sull'omicidio di Francesco Fortugno ci sono cinque proiettili calibro 9 x 21 marca Luger e una consulenza tecnica che ha rovesciato tanta polvere sul morto. Ci sono tanti, troppi contatti, diretti e indiretti, che in questa storia portano al Viminale. È il giallo delle telefonate, quelle che apparentemente sono al centro della scena investigativa, quelle che erano state intercettate tra il vice presidente del parlamento calabrese ucciso domenica al seggio e il medico Giuseppe Pansera, al tempo solo il genero incensurato del boss Giuseppe Morabito detto "Tiradritto" e poi schedato come boss.

Siamo andati a vederla quella perizia, abbiamo sfogliato centinaia di pagine di tabulati, abbiamo trovato un groviglio di numeri che raccontano alcuni fatti.

Il primo fatto: in tre anni, dal 1997 al 2000, Francesco Fortugno e Giuseppe Pansera si sono parlati al telefono solo 12 volte e sempre per una manciata di secondi. Il secondo fatto: su 464 utenze portate all'attenzione della magistratura dal consulente tecnico, quelle 12 tracce telefoniche non sono state né trascritte né presentate al pubblico ministero di Milano perché "assolutamente ininfluenti per le indagini". Il terzo fatto: tra centinaia di cellulari sospetti il consulente ne ha individuato due intestati al "Ministero degli Interni Dipartimento di Pubblica Sicurezza" e poi ne ha scoperti almeno altri 18 senza codici, cellulari "blindati", senza numero e senza identificativo. Il quarto e ultimo fatto: Giuseppe Pansera, quando era già latitante per un traffico di stupefacenti, telefonava a un personaggio che a sua volta era in contatto con un'utenza del ministero degli Interni. Cosa si potevano mai dire un ricercato della 'ndrangheta e uomini collegati al Viminale?

A una settimana dall'uccisione dell'uomo politico calabrese il Racis di Messina (il reparto delle investigazioni scientifiche dei carabinieri) sta completando il rapporto sulla scena del delitto. Di certo, al momento, ci sono il calibro e la marca delle pallottole che hanno ucciso Francesco Fortugno. E più di un dubbio sulle testimonianze che parlano "di un killer che si è allontanato con un complice su una A112". Gli investigatori sono molto perplessi: "Fare un omicidio di questo tipo utilizzando un'A112, vuol dire farsi trovare: in Italia di quelle macchine non ne girano ormai più di cento". E sospettano anche che i killer non siano della Locride ma siano venuti da Reggio o da lì vicino. Naturalmente con un nulla osta di una o di più 'ndrine locali.

Ma torniamo al giallo del tabulato. E cominciamo a ricostruire tutti i "collegamenti" telefonici tra Fortugno e il suo collega Pansera in 36 mesi, sfogliando pagina per pagina la consulenza tecnica. Bisogna precisare subito che il nome di Francesco Fortugno neanche compare in quel documento che si chiama "Elaborazione analitico-relazionale dei dati di traffico di utenze radiomobili e di telefonia di base", la perizia che il consulente Gioacchino Genchi ha consegnato al sostituto procuratore della repubblica di Milano Laura Barbaini, la titolare di un'inchiesta su mafia e coca nella Locride con agganci in Lombardia. Il nome di Francesco Fortugno - al contrario di altri 464 tra i quali professionisti calabresi, trafficanti, professori universitari di Messina, farmacisti della Locride, tanti imprenditori, qualche avvocato - era stato relegato in una specie di "cestino" con tanti altri uomini e donne individuati attraverso l'esame dei tabulati.

Ripescando il nome di Francesco Fortugno da quel contenitore e verificando a una a una tutte le tracce telefoniche si scopre che le conversazione tra lui e il futuro boss non sono 31 né 26, ma solo 12. Alcune sono state rivelate da due ponti radio diversi e così, una telefonata fatta nello stesso momento risulta come due telefonate. È il caso di una conversazione tra i due - chiama Giuseppe Pansera dall'ospedale di Melito Porto San Salvo in località Acquedotto (la perizia indica sempre il luogo preciso delle chiamate) - alle 9, 55 minuti e 7 secondi del 29 novembre 2000. Nel tabulato è riportata due volte da due diversi ponti radio. Qualche mese prima, siamo nel novembre del 1999 - esattamente il giorno 22 - Pansera chiamava ancora Fortugno.

Risultano due conversazioni di 34 secondi l'una. La prima inizia alle 11,22,06, ma nella perizia si certifica che quattro secondi dopo - cioè contemporaneamente - Fortugno e Pansera hanno un'altra conversazione. Così si arriva prima a 26 telefonate tra i due e poi a 31. Capita anche il 18 gennaio del 2000 alle 11,55,02. E capita il 22 gennaio altre tre volte, tra le 9,01,36 e le 11,23,19. La perizia è molto precisa, asettica, svela ogni contatto, ogni numero che chiama e riceve, la località da dove partono le chiamate e la località dove arrivano.

Basta leggerla per scoprire quanto hanno parlato in quei 3 anni, il medico ucciso e il medico che oggi è in carcere con una condanna a sedici anni per traffico internazionale di droga. Nella consulenza poi c'è un ultimo particolare: tutte le telefonate "rintracciate" sono state fatte o ricevute dagli ospedali di Locri e da quello di Melito Porto Salvo, nel primo lavorava Fortugno e nel secondo Pansera. Dodici conversazioni: la più lunga è di 181 secondi.

Fin qui le strisce dei tabulati che riguardano l'uomo politico ammazzato dalla 'ndrangheta. Uscendo da quel "cestino" dove era finito Fortugno si entra invece nel vivo di quell'inchiesta su mafia e droga. E analizzando - anche qui uno dopo l'altro - quelle 464 utenze intercettate nei contatti dalla perizia, si trovano tracce che gli investigatori avevano ritenuti "spunti interessanti". Soprattutto due: quei numeri di telefono intestati al Ministero degli Interni Dipartimento di Pubblica sicurezza. I numeri si trovano nel quarto foglio delle 464 utenze "attenzionate". Il primo è un 33559879.. che è stato monitorato dal 6 febbraio del 1999 al 3 gennaio del 2002.

Il secondo è un 33559878.. monitorato dal 25 febbraio 1999 al 31 dicembre 2001. La sorpresa è al primo numero. Viene chiamato due volte - la prima dalla Puglia e la seconda dalla Campania - da un uomo che è in stretto contatto con Giuseppe Pansera quando il medico è già latitante. Due conversazioni. Una alle 21,50,52 dell'8 dicembre del 2000, l'altra alle 12,13,45 del primo gennaio 2001.

In quei giorni Pansera era ricercato. Qualche mese prima era sfuggito alla cattura della polizia mentre viaggiava sulla costa jonica, scortato da cinque auto cariche di picciotti. Qualche mese dopo sarà catturato dai carabinieri. A chi appartenevano quei numeri che il consulente tecnico ha individuato come intestati al Viminale? Abbiamo chiamato, prima uno e poi l'altro. Sono ancora attivi. Al primo ci ha risposto la voce giovane di una ragazza: "Non so niente della Calabria, non conoscono il signor Pansera o il signor Fortugno, ha acquistato tre anni fa questo telefono usato". Al secondo cellulare intestato al Ministero ci ha risposto un uomo: "Sono un funzionario del ministero e non autorizzato a rivelare la mia identità, posso solo dirvi che questo è un telefono di servizio che ho in uso da tre anni".

Ma nel tabulato dei contatti telefonici c'è altra materia per le indagini. Una miriade di nomi stranieri e una miriade di telefonate fatte in tutti gli angoli del mondo: in Spagna, tante in Bulgaria, a Sao Tome, in Svizzera, in Francia, in Germania. E poi ci sono 18 utenze non identificate. Diciotto numeri chiamati da personaggi in qualche modo sotto indagine o sfiorati dalle indagini sul traffico di droga che non sono stati individuati. Il consulente non è riuscito a risalire né al numero né al codice di quei telefoni. Telefoni fissi o radiomobili assolutamente "bui".

Nel secondo foglio del tabulato sono stati registrati 13 numeri top secret con un movimento telefonico dal 1 luglio 2001 al 28 ottobre 2001, dal 4 gennaio 2000 al 28 marzo 2001, dal 14 maggio 2001 al 15 maggio 2002. Nel terzo foglio del tabulato altri 5 telefoni senza codice identificativo. Con un'altra marea di contatti telefonici: dal 19 febbraio 2002 al 18 gennaio 2003, dal 11 giugno 2002 al 14 gennaio 2003. A chi sono intestati questi telefoni "blindati"? Sono telefoni e numeri e codici mandati al macero? Sono numeri "inaccessibili" perché in uso a uomini di apparati riservati? E perché tutti quei contatti - di mesi, di anni - in quel contesto d'indagine sui traffici di droga della 'ndrangheta? La consulenza tecnica nel procedimento numero 3308/03 del registro generale della Procura della Repubblica di Milano naturalmente non lo spiega e non lo può spiegare. Una perizia è solo una perizia. Cerca dati, sforna numeri, li incrocia, li confronta.

(23 ottobre 2005)

giovedì, ottobre 20, 2005

I RAGAZZI DELLA LOCRIDE! (da l'Unità)


Calabria, la rivolta dei ragazzi
Cinque mesi fa Fortugno disse: so cosa vuol dire vivere nell'angoscia
di Enrico Fierro


Dolore, Dignità, Sdegno - Una folla enorme per l'addio a Franco Fortugno. Il lenzuolo bianco dei ragazzi, il gelo attorno al ministro La Loggia (da Berlusconi solo un telegramma). Prodi, Fassino e D'Alema: «Per la Calabria servono risposte straordinarie».
I ragazzi di Calabria sono uguali agli altri ragazzi d'Italia. Gli stessi orecchini, i jeans scoloriti dei maschi e gli ombellichi al vento delle ragazze. Tutto uguale, senza alcuna differenza con i loro coetanei di Treviso. Gli stessi libri. Identici pensieri e preoccupazioni. La versione di latino. Il primo bacio. Gli amori e il cuore che batte. La discoteca e la tariffa del cellulare, quella più conveniente che ti permette di chiamare e videochiamare gli amici. Le stesse parole.
I ragazzi di Calabria sono belli come tutti i ragazzi della loro età. Vivono in questa fetta d'Italia dove i paesi hanno nomi che fanno tremare (Africo, Siderno, Locri, Platì...) e hanno un problema che a Treviso i loro coetanei ignorano. Una lue che pesa sul loro presente e alita un fiato ammorbante sul loro futuro. Si chiama 'ndrangheta, mafia, ed è una consorteria di uomini ricchissimi e spietati. Gente che risponde ad una sola regola, la forza, e che per mantenere un potere arcaico che si trasmette in modo dinastico per grandi famiglie, ha bisogno di controllare tutto. La tua città, la tua casa, il tuo lavoro. Finanche la tua vita. l ragazzi di Calabria che vivono nella Locride si sono ribellati. Gli chiedo di incontrarli proprio nel giorno dei funerali di Franco Fortugno. Mi chiedono di vederci davanti al loro liceo classico. «Ivo Oliveti», si chiama, ed è una vecchia scuola dalle aule grandi e austere, con il giardino di palme all'ingresso, il tricolore sbiadito e la bandiera dell'Europa. Penso che siano straordinari questi ragazzi di 14, 15, 16 anni per quello che hanno fatto: per la prima volta sono scesi in piazza a Locri, regno dei boss Cataldo e Cordì, per dire alla 'ndrangheta «ci fai schifo, fuori dal nostro futuro». Hanno trascinato migliaia di giovani come loro. «Vediamoci al nostro liceo». Quelle mura, i professori che insieme a loro leggono e commentano il giornale in classe, i libri. Si aggrappano a queste povere e preziose cose come dei naufraghi nell'Oceano ad un fragile pezzo di legno. Il loro Oceano si chiama mafia e sta provocando onde che rischiano di spazzare via la Calabria. Arrivano. Sono una ventina. Parlano i ragazzi di Calabria. Il cronista, che è padre e sa che qui più che in altri posti, si ha il dovere di difendere i giovani dalla loro generosità, impone di non mettere nomi. Solo iniziali. Loro, per tutta risposta scattano foto con una digitale. «Te le mandiamo, le pubblichi sul giornale. Non abbiamo paura ili mettere le nostre facce contro i mafiosi». Penso ai loro genitori. Quelle foto non le pubblicherò mai!.

- La parola a loro.

M.R. (ragazza): «Ci chiedi perché siamo scesi in piazza con quello striscione ("Omertà la loro forza. Noi la loro fine?"). Semplice: perché non se ne può più. Perché la mafia è il nostro passato. Un mostro che vuole divorare il nostro futuro. Ci chiedi se è stato difficile convincere gli altri. No. Lunedì, quando siamo tornati a scuola, le parole non sono servite...».

A.M.P. (ragazza): «Sì, è stato quasi un miracolo. Non ci siamo parlati, ma tutti avevamo lo stesso pensiero in testa. Dobbiamo fare qualcosa. Reagire, dare noi la sveglia a Locri e à tutti i calabresi...».

V M. ragazzo): «Qualche discussione l'abbiamo avuta, ma solo su come organizzarci. C'era da raccogliere i soldi, fare lo striscione. Dobbiamo dire no alla mafia, senza giri di parole. Fortugno lo hanno ammazzato i mafiosi che comandano qui; altro che "orribile omicidio", "triste frangente". La mafia è mafia e uccide...».

U.M. (ragazzo): «E nell'indifferenza. Guarda questo manifesto (titolo: "Fermiamo la carneficina", elenco di dieci morti innocenti e senza giustizia), dice tutto. A maggio, il 24, a Siderno hanno ucciso un imprenditore di 34 anni, sotto casa sua solo perché non pagava il pizzo...».

G.M. (ragazzo): «Sì, qui la 'ndrangheta la respiri giorno per giorno. Ci vivi gomito a gomito con i mafiosi. Si sanno i nomi delle "famiglie", si sa chi sono i picciotti. Li incontri al pub, sull'autobus, ne incroci gli sguardi...».

F.Z. (ragazza): «E basta un'occhiata, un gesto che non capisci, una parola che in altri luoghi d'Italia ha un significato e qui un altro, per compromettersi».

U.M. (ragazzo): «Lo sai qual è la frase più usata da questi? "Nun sa cu sugnu eu"(Non sai chi sono io)...».

M.F. (ragazza): «E sai cosa ti chiedono sempre, in modo ossessivo? A chi appartieni ... Una frase che dice tutto, l'appartenenza, la famiglia, quanto conti. Perché per loro questi sono i valori, non lo studio, un libro letto, la vita che ti costruisci con fatica, no: l'appartenenza...».

G.P. (ragazzo): «Non esagerate, che la mafia esiste pure a Milano...».

F.Z. (ragazza): «Certo, ma qui la 'ndrangheta uccide, a Milano no: lì fa affari, investe i soldi che guadagna qui...».

M.R. (ragazza): «Ci chiedi cosa faremo dopo il liceo? Io andrò via, non voglio restare più in questa terra. Il futuro è dovunque, non qui... ».

G.P. (ragazzo): «Bisogna restare, invece, dare l'esempio, costruirsi un futuro fuori e tornare qui a fare gli imprenditori, i medici, gli avvocati. Se andiamo via tutti resteranno solo loro, i boss, i vecchi, chi non ha avuto fortuna...».

G.C. (ragazza): «Noi siamo fortunati. Abbiamo buone famiglie, frequentiamo il liceo, noi siamo l'elite, non possiamo fuggire».

F. Z. (ragazza): «La nostra prof., che negli anni Settanta faceva le battaglie per la rinascita della Calabria, ci ha detto che è rimasta perché sperava nel cambiamento. Oggi si sente una sconfitta. Vivere qui, in un posto dove ci sono tre cinema nel giro di 80 chilometri è difficile. E se vuoi qualcosa in più per divertirti, vivere una serata diversa devi andare a Reggio, cento chilometri».

M.Z. (ragazza). «Smettetela, non diamo sempre l'immagine di una Locride abbandonata. Qui c'è poco, si sa, ma qualcosa si muove. A Roccella c'è un ottimo festival jazz. A Gerace una rassegna di musica e architettura, a Caulonia il Taranta Power. Non è tutto abbandono».

M.R. (ragazza): «Ci chiedi dei nostri genitori. No, non ci hanno ostacolato. Sono preoccupati, certo, ma ci hanno detto di andare avanti, mio padre è orgoglioso per quello che sto facendo. E vero ragazzi? (I ragazzi rispondono in coro: Sì...)».

G.C. (ragazza): «Speriamo che dopo i funerali e le lacrime l'Italia non si dimentichi di noi. È accaduto già tante volte, troppe volte. Ecco, sarebbe bello se i grandi nomi della cultura, dello spettacolo, del giornalismo venissero nei nostri paesi a tenere conferenze, a fare spettacoli, semplicemente à farsi vedere in giro. Sarebbe un messaggio di fiducia. Non può finire così. Noi dobbiamo battere la mafia una volta per tutte. Abbiamo bisogno di atti concreti, ma soprattutto di non smarrire la speranza. Vogliamo sentirci italiani...».

mercoledì, ottobre 19, 2005

Lacrime e coraggio

Proprio mentre la Diocesi tutta, in una serata memorabile per partecipazione e luce, celebrava l'inizio del suo congresso eucaristico, segno di riconciliazione nel sangue del Cristo "versato per amore" in luoghi dove tanto sangue è stato versato, è giunta la notizia della barbara uccisione dell'onorevole Francesco Fortungno, il cui sangue si aggiunge al tanto sangue già sparso in questa terra.



1. - La tragedia che ha colpito questa famiglia, cui va la nostra affettuosissima solidarietà per lo spessore umano e politico del loro congiunto, unito ad una preziosa amabilità umana, è di una valenza negativa enorme.
E' paragonabile, per la Locride, ai più gravi delitti della mafia in Sicilia.
Esprimiamo perciò subito una netta, ferma, implacabile condanna per chi ha eseguito il delitto e per chi lo ha comandato.
Un delitto che può essere letto così: La 'ndrangheta vuole dominare e sottomettere la politica, perché sia strumento docile e succube ai suoi enormi interessi economici.
La 'ndrangheta cerca perciò di spezzare i legami tra la gente e la classe politica, per ricondurli a sé, perché solo così possa meglio dominare e piegare entrambi.
La 'ndrangheta lancia nel contempo a tutti noi un macabro messaggio di umiliazione sociale, per intimorire e paralizzare ogni altra azione di bene e di sviluppo.

2. - Se questa è la realtà proprio questo orribile fatto ci spinge a reagire, operando precise scelte coraggiose:
Ridare speranza, raccogliendo la forte indignazione che sale al cielo dal cuore ferito di tutti gli uomini e donne di buona volontà.
Accrescere la stima per la vita e l'impegno della classe politica, chiedendo ad essa di star vicino alla gente, ascoltare, capire, intrecciarsi con le loro attese e speranze.
Attuare una forte, vasta e decisa purificazione etica, in tutti gli ambienti.

3. - Di fronte a tutto questo, ci impegniamo a quelle tre scelte che già il santo Vescovo don Tonino Bello aveva attuato ed indicato, cioè annunciare, denunciare, rinunciare:
Mantenere vigili le coscienze, di fronte ad ogni male, anche piccolo, chiedendo a tutti, sacerdoti e laici, di essere coraggiosi e consequenziali anche fino al martirio;
Pregare sempre di più, specie davanti all'Eucarestia, in un'adorazione che abitui ed alleni tutti noi, specie i giovani, ad adorare solo e soltanto la grandezza di Dio, senza mai piegare il capo di fronte al male e di fronte agli altri idoli, per non essere succubi dei prepotenti;
Digiunare per la conversione dei delinquenti. Non sembri fuori luogo questa proposta. Ma è la più efficace forma di non-violenza, che da sempre le coscienze coraggiose hanno attuato, per risvegliare le coscienze dei deboli, allenandoci così ad un'etica di speranza e di coraggio.

4. - Ma nello stesso tempo, è necessario che lo Stato, cioè la coscienza di chi ci guida e ci governa prenda seriamente a cuore il caso Calabria, che finora è stato non solo sottovalutato ma soprattutto dimenticato.
Occorrono indagini più intelligenti ed organizzate, per scovare assolutamente i colpevoli ed assicurarli alla giustizia e alla gogna di tutti. Chi fa il male deve essere umiliato nel suo falso "onore" perché ritrovi la forza di cambiare.
Se occorre, la zona deve essere militarizzata, perché i colpevoli sentano la forza dello Stato.
La Guardia di Finanza deve poter seguire, con tutti i mezzi più raffinati e moderni, il crescere dei circuiti economici, come gli appalti, le costruzioni, i giri del denaro, l'arroganza dell'usura, il gioco interessato e spesso miope delle banche.
E' il denaro che interessa alla 'ndrangheta.
E perciò. oltre alla purificazione etica, occorre una forte purificazione economica.

5. - Infine, facciamo appello alla giustizia di Dio, giustizia certa, che insegue con determinazione i passi, tristissimi, degli uccisori e di chi ha ordinato questo infame delitto, chiarissimo per le sue palesi modalità mafiose.
Chi ha fatto il male, dice la Bibbia, lo paga sempre. Sempre!
Ne siamo certi e lo diciamo pubblicamente, perché si fermi questa catena assurda di violazione della sacralità della vita umana.
Con lacrime amare, annunciamo ancora la bellezza della vita, ed insieme con rigenerato coraggio, dono dello Spirito che sempre ci consola e tutto sa rinnovare, perché con il lavoro e le imprese, anche la faccia della Locride, così insanguinata, eppure così bella, cammini fiduciosa sulle strade della vita».

Giancarlo M. Bregantini
Vescovo della Diocesi

di Locri-Gerace


martedì, ottobre 18, 2005

A Radio1 il Sindaco di Roccella.



18/10/2005 - LA 'NDRANGHETA AL SEGGIO

Ascolta la puntata Ascolta

Dopo l'omicidio Fortugno, il medico esponente della Margherita ucciso a Locri mentre votava per le primarie, torniamo a parlare di criminalita' in Calabria. Oggi il Presidente Ciampi sara' a Reggio Calabria per rendere omaggio alla salma. Maria Teresa Lamberti intervista Roberto Centaro presidente della Commissione Nazionale Antimafia e Filippo Callipo presidente di Confindustria Calabria e Sisinio Zito, sindaco di Roccella Jonica e presidente della associazione dei 42 sindaci della Locride.

NON CE LA FANNO PIU'!

I Sindaci della Locride non ce la fanno più, sono stanchi, ORA TOCCA A NOI!


da La Repubblica del 18/10/2005
Primi cittadini in assemblea nell'aula del Consiglio regionale. "Lo Stato mandi pure i commissari"
Locride, l'ultimatum dei sindaci: "Leggi speciali o ce ne andiamo"

REGGIO CALABRIA - Bisogna vederli da vicino i sindaci della Locride, bisogna guardare le loro facce e cercare nei loro occhi per scoprire fino in fondo la paura della Calabria. Ci sfilano davanti in silenzio, uno dopo l'altro con addosso la fascia tricolore. Sono quarantadue. Se ne vogliono andare in massa.
Abbandonare, fare posto ai commissari straordinari del governo.Sono maschere di cera le loro facce. Abiti scuri, cravatte nere, barbe malfatte da mani tremanti, sono i sopravvissuti dell'ultima notte senza sonno, i sindaci dei paesi della Calabria più mafiosa, quella dei delitti che non si scoprono mai, delle impunità garantite, dei sicari sempre ignoti. Eccoli qui che entrano nel parlamento di Reggio per ricordare "l'amico Francesco", la riunione straordinaria del consiglio regionale, seduta solenne, gonfaloni, bandiere, alte uniformi, i fiori del lutto, il governatore Loiero e la sua giunta schierati nei banchi lassù e loro giù sulle poltrone vellutate a raccontarsi le loro rabbie e le loro angosce.Ci sono tutti. C'è Carmine Barbaro sindaco di Locri, c'è Vincenzo Foca sindaco di Ferrezzano, c'è Francesco Lucianò di Palizzi, c'è Vincenzo Ielo di Staiti, c'è Sisinio Zito sindaco di Roccella Jonica e presidente del comitato dei quarantadue primi cittadini della Locride. Ognuno di loro ha visto saltare in aria la propria auto o quella di un assessore, di un consigliere, di un impiegato comunale. Ognuno di loro ha un amico o un conoscente ammazzato, un vicino di casa, un parente. E' la Locride. E' la legge dei boss.La voce di Francesco Lucianò, primo cittadino di Palizzi si alza all'improvviso tra le altre: "Noi ce ne andiamo, che lo Stato mandi pure i suoi commissari straordinari a sostituire noi tutti e metta anche un maresciallo dei carabinieri in ogni consiglio comunale". Si alza anche la voce di Piero Leone, consigliere della maggioranza di centro sinistra del comune di Locri: "Dobbiamo lasciare tutti il consiglio, ecco cos'è l'unica cosa giusta da fare a questo punto". E quella del consigliere di minoranza Dario Maranto: "Ci dimettiamo tutti, tutti insieme consegnamo le chiavi della nostra città a Roma". Si incontreranno tra qualche giorno i sindaci dei quarantadue comuni. E decideranno se stare ancora ad amministrare con la pistola puntata alla tempia o tentare il gesto estremo, clamoroso. La sfida: mollare tutto.Restare lì è come firmare la propria condanna a morte. Fare gli amministratori onesti è come farsi spegnere lentamente, giorno dopo giorno. Non ce la fanno più a resistere in quei territori che i capi delle cosche oggi considerano proprietà loro, regnano in quei confini come se fossero piccoli "Stati canaglia", repubbliche indipendenti. E trafficano, comprano silenzi. E minacciano, minacciano sempre. "Ci sentiamo soli", sussurra il sindaco di Locri Carmine Barbaro. E poi dice: "La cura fatta fino ad ora dallo Stato non è andata bene, ce ne vuole un'altra". Anche a lui gli hanno fatto saltare in aria l'auto. Era posteggiata davanti al comune, nella strada principale del paese. Volevano bruciarla proprio lì la macchina del sindaco.Come l'auto del consigliere Antonio Alvaro, quando anni fa era assessore ai Lavori pubblici. O come l'auto dell'altro consigliere Eliseo Sorbara. E' l'incubo quotidiano per una delibera che non "dovevano" firmare o per una licenza che "dovevano" rilasciare. Sotto ricatto. Sempre.Il consiglio comunale di Locri è schierato al gran completo. Nove uomini e una donna nella prima fila, dieci uomini nella seconda. La donna si chiama Maria Antonietta Lombardi ed è l'assessore all'urbanistica della giunta di Locri. Ricorda: "Le telecamere avevamo chiesto e le telecamere chiederemo ancora. Magari non sarà molto garantista ma qualcuno deve pur vedere cosa accade nelle nostre strade e nelle nostre campagne". Alle sue spalle c'è l'assessore al Bilancio Alberto Brugnano. Chiede leggi speciali. E solo per la Locride: "Un decreto come quello che ci fu tanti anni fa per Reggio Calabria, ma non solo di natura finanziaria: vogliamo una vera e propria legge straordinaria anche in materia di pubblica sicurezza".La paura esaspera, la paura porta altra paura. C'è chi vuole una scuola di polizia a Locri per "formare" investigatori specializzati nelle 'ndrine di questa zona, c'è chi vuole magistrati solo di origine reggina "perché gli altri non ci capiscono niente" o "stanno un anno e non vedono l'ora di andarsene". Si sfoga Roberto Filippone, capogruppo della maggioranza al comune di Locri: "Su 40 delitti degli ultimi anni non ne hanno scoperto neanche uno. In città di milioni di abitanti riescono a risolvere gialli intricati con i Ris e con i Ros, qui non si scopre mai nulla".E' la Locride delle esenzioni da pena, dei pasticci investigativi, delle faide giudiziarie che stanno insabbiando un'antimafia già fin troppo barcollante.Bisogna vederli proprio da vicino i sindaci della Locride per capire come sarà difficile già da domani fare i sindaci. Dopo l'agguato a Francesco Fortugno, un bersaglio per intimorire tutti, un avvertimento collettivo. "Ognuno di noi è a rischio, mia moglie questa mattina prima che uscissi di casa mi ha detto per la prima volta: "Mario, per favore stai attento, i nostri figli": così mi ha detto", racconta Mario Pirillo, assessore regionale all'Agricoltura, mentre altri sindaci entrano nel parlamento di Reggio. Ci sono anche quelli dei paesi della Sila, dell'Aspromonte, quelli della piana di Gioia Tauro e quelli delle Serre. Sono tutti intorno ai loro colleghi della Locride. E anche loro sono tutti lì ad aspettare cosa accadrà domani o la prossima settimana o tra un mese. Arriva in aula la notizia che hanno "avvisato" in mattinata un consigliere regionale. "Farai la fine di Fortugno", gli hanno fatto sapere. Ma è "solo" un'altra minaccia. Una delle tante. D'ora in poi la Calabria dovrà fare i conti con ben altro di più insidioso. E non sarà certo qualche battuta poliziesca di caccia all'uomo o qualche latitante catturato a far riconquistare allo Stato quello che ha perduto, quei territori che così a lungo ha lasciato nelle mani di boss piccoli e grandi. In pochi mesi non potrà certo riprendersi ciò che ha abbandonato venti o trent'anni fa. E i sindaci della Locride lo sanno chi comanda veramente a casa loro.

lunedì, ottobre 17, 2005

L'unico ARTICOLO degno di NOTA!

Come sempre anche stamani avevo intenzione di fare una rassegna degli articoli sul caso dell'omicidio Fortugno ma non me la sono sentita di postare le solite parole di rito e di comiato, questo è l'unico articolo che reputo degno di nota!



Da La Repubblicadel 17/10/2005
Assassinio politico
di Giuseppe D'Avanzo


PER L'ASSASSINIO di Francesco Fortugno, che almeno si evitino lacrime di coccodrillo. Nessuno può dirsi innocente. Tutti sapevamo che presto, in Calabria, ci sarebbe scappato il morto "eccellente", come si dice. Chiunque da mesi poteva coglierne i presagi in una regione schiacciata dalla criminalità organizzata.
Paralizzata dal sottosviluppo, abbandonata - solitaria - al suo deprimente destino. Come se quella terra fosse già di nessuno, sconnessa dal Paese, dall'attenzione dello Stato e dell'opinione pubblica nazionale. E non un lembo di penisola, infestato come un letto pulcioso, dalla "prima mafia d'Italia".
La 'ndrangheta, che soltanto un luogo comune ormai bizzarro considera la cugina malmessa di Cosa Nostra, può vantare 112 cosche. Un affiliato ogni 345 abitanti, il 27 per cento della popolazione (in regioni per abitudine considerate al vertice dell'intensità criminale le cose "vanno meglio": in Campania il 27 per cento di Calabria diventa 12 e in Sicilia addirittura 10). Un tasso di omicidi 17 volte superiore a quello nazionale.
Un volume di affari neri che, secondo alcune analisi, supera i 35 mila milioni di euro, di cui 22.340 prodotti dal traffico di droga e il resto da appalti pubblici e da estorsioni che, secondo la Confesercenti, taglieggiano il 50 per cento dei commercianti e degli industriali (il 70 per cento a Reggio Calabria). Sono cifre che fanno oggi della 'ndrangheta "la più pericolosa e pervasiva mafia con una progressiva dimensione internazionale".
È un potere militare, economico e politico che non accetta di essere messo in discussione nemmeno negli aspetti più marginali. Lo testimonia il clima di intimidazione continuo che ogni istituzione o rappresentante delle istituzioni deve subire. Minacce. Attentati con bombe. Fucilate alle porte di casa. Incendi di auto e di abitazioni. Ne sono stati vittima, in tempi recenti (e l'elenco è incompleto) i sindaci di Reggio Calabria, San Giovanni, Seminara, Sinopoli, Melito Porto Salvo, Casignana, il vice sindaco di Palmi, i magistrati che affrontano i processi alle cosche (Cisterna, Di Palma, Gratteri, Mollace, Pedone)... Uno scenario che ha convinto, quattro mesi fa, il presidente della Confindustria calabrese, Filippo Callipo, ad appellarsi al capo dello Stato per invocare la presenza nella regione dell'esercito.
Su questo pozzo scuro si è affacciato, da maggio, il presidente della Regione Agazio Loiero, di cui Francesco Fortugno era - nella Locride - il fiduciario politico.
Nei primi cento giorni, Loiero fa alcune mosse "rivoluzionarie" per la moralizzazione della vita pubblica. Sostituisce settanta alti burocrati negli enti regionali. Lo spoil-system destabilizza gli equilibri. Cancella con un colpo di spugna la rappresentanza degli interessi opachi. Delibera di costituire la Regione "parte civile" in tutti i processi di mafia. Annuncia di voler trasferire, entro il giugno del 2006, importanti competenze dalla Regione alla Provincia riducendone i dipendenti da 4.800 a 1.800. In un'istituzione dove, negli ultimi 27 anni, non c'è stato mai un bilancio approvato nei termini di legge, prova a tenere in ordine i conti e le delibere.
La strategia ridisegna l'intero quadro di riferimento istituzionale. Chi aveva "l'amico dell'amico" seduto nella poltrona che conta, non lo trova più in quel posto. O, se ce lo trova, lo scopre senza competenze e privo di potere. L'intero reticolo affaristico-criminale entra in fibrillazione e diventa minaccioso. Le scosse del sisma scuotono la stessa maggioranza del presidente che l'ha avuta vinta sull'avversario del centrodestra con oltre il venti per cento in più.
Alla 'ndrangheta deve essere sembrato giunto il tempo di mettere mano alla pistola per arginare lo smottamento. Loiero riceve per posta proiettili inesplosi e usati, una sua foto con un buco in testa. Dice di non voler arrestare la sua "furia riformatrice".
Ecco, dunque, il clima e le ragioni che hanno preceduto e preparato, nel silenzio di tutti, la morte di Francesco Fortugno. Il suo assassinio non può che dirsi politico. "Una cosa brutta assai", dice un investigatore con una formula che, per chi lavora nel Mezzogiorno a questi affari, vuol dire "è terribile quel che è accaduto, ma sarà orrendo quel che accadrà".
Perché se uccidi in pieno giorno, dinanzi a uno storico palazzo di una cittadina e decine di testimoni, il vicepresidente del consiglio regionale sulla scena di un appuntamento politico, non vuoi soltanto spegnere la vita di Francesco Fortugno. Se ci fossero stati "interessi privati", lo avrebbero ammazzato "in privato" mentre tornava a casa. Lungo la strada per Reggio Calabria. Una mattina qualsiasi dinanzi all'ospedale dov'era primario.
Le cosche di Locri, Africo e Siderno hanno voluto offrire una pubblica rappresentazione della loro violenta determinazione affinché tutti capiscano, affinché la politica capisca. Messaggio forse superfluo per i riformatori calabresi. Non si sono mai fatto illusioni sul sentiero che hanno imboccato. Hanno compreso da mesi il significato delle minacce, gli interessi che proteggono, i pericoli che incombono. Chi non ha capito o non ha voluto capire, siamo noi.
Noi che pensiamo la Calabria come una terra perduta e il tentativo di Loiero un fenomeno trascurabile. Non abbiamo nessuna attenuante. Poco più di due mesi fa, Francesco Cossiga pubblicamente si chiedeva: "Il presidente del Consiglio, i ministri dell'Interno e di Giustizia, il capo della polizia, i comandanti dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza hanno reale contezza della gravità dei reiterati avvertimenti di queste ore o, come temo, circoscrivono la pratica a normale routine? E sono in grado le forze politiche di assicurare a Loiero una costante mobilitazione della pubblica opinione, aiutando a tenere i riflettori ben accesi su questa grave emergenza? O vogliamo aspettare che ci scappino uno o più morti?".
Ora il morto c'è stato. Niente lacrime di coccodrillo. Fate qualcosa.

Molto toccante anche il messaggio del presidente Ciampi alla Vedova e ai Figli:
'Nel condannare con fermezza e con sdegno il vile attentato di cui il dottor Francesco Fortugno, e' stato vittima ieri, mi stringo intorno a lei, cara signora Maria Grazia, e ai suoi figli, e a nome di tutto il popolo italiano le esprimo i sentimenti di commossa e partecipe solidarieta'', scrive il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in un messaggio inviato alla vedova del consigliere regionale. 'Dinanzi a gesti cosi' spietati - aggiunge il capo dello Stato - occorre ribadire la necessita' di un impegno sempre piu' deciso da parte delle Istituzioni e dei cittadini, affinche' siano resi piu' saldi e condivisi i valori di legalita' e di democrazia su cui si fonda la nostra Costituzione repubblicana'