Quickribbon Occhio su Roccella: gennaio 2006
_@_OcchiO su Roccella _@_ Scelti per Voi: Camilla che odiava la politica - Autore: Luigi Garlando - Casa editrice: Rizzoli. - (Camilla ha dodici anni e vive in un paese di provincia insieme al fratellino e alla mamma. Il papa, in passato braccio destro del Primo Ministro, non c'è più: si è suicidato in carcere sei anni prima, dopo essere stato accusato ingiustamente di corruzione. Da allora Camilla odia la politica e tutto ciò che ha a che fare con essa. Ma un giorno in paese arriva un barbone, che prima la aiuta a ribellarsi a un gruppo di bulli della sua scuola, e poi, piano piano, le insegna che cosa sia la politica, quella vera, quella a cui il suo papa aveva dedicato tutto se stesso. E grazie a quelle lunghe chiacchierate Camilla impara a far pace con la politica e con il mondo, quello dentro di sé e quello in cui vive.)

AdnKronos News

giovedì, gennaio 26, 2006

Finalmente una "voce" critica...

Dall'inizio di questa brutta storia OcchiO su Roccella ha sempre cercato di non unirsi al "coro" dei media che ci hanno imboccato la solita retorica... Abbiamo postato (o almeno cercato di farlo) solo articoli degni di nota (e con meraviglia mia personale i giornali si sono dimostrati in questo molto bipartisan). Questo commento, all'apparenza retorico, apparso sulla Riviera mi ha colpito molto perché cerca di spiegare quel "vox populi", quella consuetudine tutta calabrese di aver sentito da amici, di sapere e non, di "sai chi si dici in giru", che in molti casi è verità!
Quello che i giornali non scriveranno mai perché la gente non si esporrà, quel "senso comune" che tutti hanno sulla e nella locride, sui suoi politici, sul "voto di scambio" ecc...
In questo periodo di campagna elettorale dura e forte a livello nazionale per le politiche del 9 Aprile appare evidente come il voto nella locride rappresenti (più che per i Ds!) una "questione morale", una dimostrazione di MORALITA' dei partiti (che sceglieranno i candidati) e degli elettori (che sanno "chi sono") e li voteranno.


Le molte verità sulla Locride

Non solo cocaina, pistole e strumentalizzazione...


versione integrale


L’anti - retorica per eccellenza. In questo testo l’altra faccia del dopo fortugno. Quella non riportata da nessun giornale. Il vero volto di una locride che giorno dopo giorno si avvicina a quella rontiera di sub-cultura difficilnmente ritrovabile in Occidente. I veri responsabile del sottosviluppo non sono solo i mafiosi, ma coloro che in un certo senso si "servono" di loro e con loro programmano da più di 30 anni.



• “Sopra eroi e tombe”, il romanzo di Antonio Sabato, evento editoriale dei primi anni ottanta, ci è venuto in mente appena appreso lo strepito emotivo suscitato intorno allo show di Jovanotti. “Sopra eroi e tombe”, ci è ritornato, poi, più imperioso, leggendo il paginone dedicato dal quotidiano “Repubblica” alla relazione del Procuratore Grasso sull’omicidio dell’On. Fortugno, paragonato, dall’alto magistrato, addirittura a quello di Aldo Moro. Esagerazioni, emozioni, paradossi, richiami ad angoscianti memorie ci impensieriscono perché altro non sono che sintomi del pensiero debole che grava inesorabile, come la nebbia sui passanti di Dublino, sulle nostre teste in questi tempi. Il Jovanotti-pensierom anzi, ci fa paura, così come temiamo chi si abbandona ad equazioni ontologicamente insostenibili. Non abbiamo assolutamente nulla, nè contro il cantautore e la sua musica, né contro il pensiero (se rimane tale, diosanto!) del Procuratore Grasso; di fronte a tanto clamore, però, l’“est modus in rebus” qualcuno lo deve pur pretendere. E se si può apprezzare la testimonianza che Jovanotti ha dato di sé stesso, dicendo che lui è “soltanto uno che scrive canzoni” e che, quindi, non ha ricette da proporre a questo profondo Sud che pure lo ha innalzato a bandiera di chissà quale riscatto morale e sociale, certo non si può apprezzare chi dimentica che Moro fu “processato” dalla Brigate Rosse, fu “esposto” alla macchina fotografica con la bandiera rosso-stellata sullo sfondo, fu “prigioniero” autorizzato a scrivere ai suoi per spiegarsi e spiegare; non fu chiamato per nome e freddato con tre o quattro colpi di pistola, come un mafioso qualsiasi cui non è dovuto neppure morire seduto! E che diamine, possibile che la scenografia per il Procuratore Grasso non conti e che, solo per lui, il “modo col che accadono gli eventi” (a queste latitudini sempre esantematico) non abbia senso? Ciò che c’è dietro Jovanotti, la cornice creata intorno al suo spettacolo e a dispetto delle sue parole fa il paio con chi sembra voler chiudere gli occhi, mistificando “la realtà delle cose”. Basta che qualcuno si proponga (o sia proposto) come cassa di risonanza di slogan più o meno d’effetto e il fenomeno monta l’emozione, l’immaginario si propaga fino all’inverosimile e tutto diventa “normale”… pure accomunare Fortugno a Moro. Pazzesco; ma non ci dite che non è così! Abbiamo visto tutti com’è finita con Jovanotti: lo showman, al di la di quanto ha affermato, prima dell’esibizione, è stato pronto (non si sa se per contratto) a rendere omaggio alla casa diventata l’”altare della patria” di una locride che vive di apparenze e di menzogna, esaltando in pubblico ciò che in privato critica e censura. E Grasso, in perfetta sintonia, ha fatto il resto. L’eroe così è creato e la calca monta spinta da accorte regie che promuovono l’ovvio. Giovani che predicando tranquillità, libertà e quant’altro, senza che vi sia alcuno che dica loro che tutti si ha voglia di vivere liberi e tranquilli; alti magistrati che, come politici rotti ad ogni evento, si abbandonano ad affermazioni senza senso… Ci si rende conto che proclami, similitudini a dir poco inopportune, fenomeni di piazza non tolgono e non aggiungono niente ad una realtà che è tutta da sviscerare nelle sue intrinseche contraddizioni? Lo si vuol comprendere che pure chi spara vorrebbe stare bene e vivere in pace senza sparare? E’ troppo chiedere di sforzarsi un poco per capire che è troppo facile prendere posizione, predicando contro la violenza, disinteressandosi di ciò che la produce? A Mammola (paese che riteniamo shekspeariano per eccellenza) di taluno che muoia ucciso, di solito si dice “l’amaru, cu sapi chi fici?” e l’espressione, all’interrogativo retorico suona più di un affermativo. Dietro ogni evento c’è sempre una causa ed è quella che va individuata, considerata, investigata, compresa. E’ soltanto da sciocchi “fermarsi sulla soglia”, prendere posizione contro la violenza (o la mafia, che è lo stesso) e così accentuare il divario tra chi la violenza ha posto in essere e chi la violenza ha subito, come se le colpe dell’uno siano il naturale contraltare delle virtù dell’altro. Eccolo il pensiero debole al fondo di tutto: la vittima è sempre virtuosa; il carnefice è sempre fetente. Basta porsi, allora, dalla parte della vittima e il gioco è fatto; ciò che è ovvio risolve il problema ed è fin troppo ovvio che l’uso della violenza vale in se a disinteressarsi, tanto della ragione prossima che l’ha mossa, così come della ragione remota che ha determinato (e determina tuttora, purtroppo) che il disappunto e lo scontento si esprimano in gesti estremi e violenti. Ma cosa si è fatto in trenta anni di potere democristiano e in venti anni di consociazione cattocomunista se non emarginare di più chi era già emarginato di suo? Cos’hanno fatto per gli uomini che usano la violenza coloro che, di volta in volta, proprio a loro (alla mafia) si sono rivolti per essere eletti e, vincendo, hanno “gabbato lo santo” distribuendo magari milioni di diplomi e di lauree inutili che hanno prodotto medici, ingegneri, avvocati e (ahinoi!) insegnanti ignoranti? Chi, tra coloro che hanno vinto, si è avvicinato davvero al mondo emarginato nel quale più facilmente alligna la violenza per dare qualcosa di concreto che non fosse la promessa (di indulgenza per taluno, del posto o dell’affare per altri) magari poi effettivamente mantenuta quale contropartita di un simoniaco scambio? Dov’è la virtù in tutto questo? E dove sono le colpe, una volta superato l’ovvio dato dal fatto che la violenza è sempre male?... E tutto questo (e altro ancora), che è la realtà meridionale dalla seconda metà del novecento in poi, che ha da spartire, dunque, con Aldo Moro e le Brigate Rosse? “A finimu cu ‘stu cinema?”, usava rispondere un magistrato smaliziato ai politici che gli chiedevano conto della mafia. La vogliono smettere, lor signori, di continuare a mentire per salvare le apparenze? E ai giovani, a quei giovani sui quali è più facile far breccia perché è della gioventù credere, fortissimamente credere (anche che per vincere la guerra contro gli Stati Uniti possano bastare otto milioni di baionette) qualcuno vuole dire che il cambiamento (quello vero) non passa per le parole (troppe) di chi, dignitosamente, dovrebbe ancora piangere, né per le urne di eroi di cui si aspetta ancora di conoscere le gesta. A fermarsi a questo e far montare l’emozione non si cambia niente; anzi, domani ci si troverà di fronte ad una classe dirigente che all’emarginato violento continuerà a chiedere, promettere e dare, secondo lo stesso costume… che passa davvero, ignominiosamente, sopra gli eroi (quelli veri) e le tombe.


Cirillo e Metodio

mercoledì, gennaio 25, 2006

Roccella TOP 20!

Il Sunday Times, noto giornale Inglese, ha da poco pubblicato una classifica delle migliori venti località turistiche italiane per il 2006.
Con molta sorpresa al 10° posto troviamo proprio Lei... la nostra splendida Roccella e il suo mare! Un ottimo risultato se pensate che alle nostre spalle ci sono all'11° le Dolomiti, al 12° la Basilicata seguita dalla Sardegna, Capri e altre ben più note località turistiche.
La vocazione turistica di Roccela inizia ad essere finalmente promossa e valorizzata, anche se dal lato dei servizi c'è ancora molto da fare. Un buon risultato per la nostra costa da troppo tempo offuscata dal bagliore mediatico di Tropea e Scilla!



Questo il commento tradotto:




IMMERGETE LE VOSTRE DITA

Il turismo è ancora relativamente nuovo in Calabria - la punta dello stivale Italiano - e per questo, la regione ha temperamento e autenticità più che a sufficenza. Il paesaggio è vario e rude, con la montagna seccata dal sole e miglia su miglia di intatta linea costiera, la gente è semplice, cordiale e di ottima accoglienza.Una delle migliori strutture di appoggio è l'Hotel Parco dei Principi, cinque-stelle, sul mare a Roccella Jonica, vicino a Locri ed a Reggio. B&B della settimana comincia semplicemente da £655 in maggio, £875 in agosto, compreso autonoleggio, con la corsa di trasporto (0870 405 5005, www.simplytravel.co.uk).






Per leggere la classifica nell'articolo originale clikkate qui

martedì, gennaio 24, 2006

"O ti mangi questa minestra..."

Ormai ci siamo, tra poco più di due mesi ci sono le elezioni, anche se abbiamo perso anche questa certezza, è di queste ore infatti la notizia che si potrebbero far slittare di qualche settimana al fine di portare a termine il lavoro parlamentare.
Ma in questi giorni a cosa stiamo assistendo?
Oltre all’overdose mediatica di berlusconiane fattezze, i programmi d’intrattenimento si interessano solo di furbetti del quartierino, delle dimissioni del Governatore della Banca d’Italia, della scalata di Unipol, delle Coop, delle intercettazioni telefoniche.
Ma nessuno schieramento ci fa conoscere il proprio programma elettorale, cosa si farà per risollevare l’economia, ci sarà un intervento serio per il Mezzogiorno o come al solito sarà abbandonato al proprio destino?
Dal centrosinistra ci fanno sapere della bozza presentata da Prodi, ben 274 pagine, divise in dodici capitoli (!), ed ancora devono essere accolte le richieste di Rifondazione, Verdi, Di Pietro, girotondi, movimenti, disobbedienti…. Beh speriamo almeno che una volta concluso non abbiamo la felice idea di spedirlo alle famiglie altrimenti dovremmo togliere dalla libreria l’enciclopedia per fare posto!!!!!!
Probabilmente i leader di tutti i partiti della coalizione si stanno trastullando, forti dei sondaggi che li danno vincenti con ampio margine.
Anche del centro destra ci fanno sapere ben poco, oltre al mitico attacco a tre punte, a proposito non il celeberrimo trio delle meraviglie Didi, Vavà, Pelè, che ha vinto i campionati del mondo di calcio in Svezia nel ’58, o il tridente juventino Vialli, Del Piero, Ravanelli che ha riportato la Champions League a Torino, ma bensì Fini, Casini e Berlusconi (non proprio la stessa cosa); e le fantomatiche promesse del Premier, ovviamente smentite il giorno successivo, “case per tutti..” e “pensioni da 500 a 800 euro”.
In questo caso forse consci della quasi impossibilità di rivincere le elezioni si sta pensando di varare qualche altra legge ad personam e da qui l’eventualità di far slittare lo scioglimento della camere di 1 o 2 settimane.
Come altro niente o poco più, sono riusciti nell’impresa di farci sentire la mancanza del tanto bistrattato contratto con gli italiani firmato in tv, almeno qualcuno in quel caso ci aveva fatto sapere che cosa avrebbe voluto fare se avesse vinto le elezioni.
Mi viene in mente una scena di un film di Fantozzi che nel dover scegliere per chi votare si chiude in casa con la tv accesa sulle varie tribune politiche, con Craxi, De Mita, De Michelis, che annunciano che cosa farebbero in caso di vittoria, roba da prima Repubblica per carità, e nessuno ne sente la mancanza, ma se non altro l’attenzione della politica era rivolta alle elezioni… di questo passo per il 9 Aprile prenoteremo delle belle vacanze in qualche luogo esotico dove i vari Fiorani, Consorte & Co. hanno portato anche i nostri risparmi.
Tant’è ogni popolo ha il Governo che si merita, diceva Cicerone, ma nonostante tutto
credo che avremmo meritato maggior fortuna.

domenica, gennaio 22, 2006

NO PONTE NO TAV

Circa 10 mila persone in corteo a Messina per protestare contro la realizzazione del Ponte sullo Stretto nell' ambito dell' iniziativa 'No Ponte, No Tav', slogan scandito continuamente dai partecipanti, promossa da associazioni ambientaliste, partiti, movimenti e società civile.
Tra i promotori c' è il Wwf che ribadisce il proprio "deciso, convinto e motivato no" al Ponte sullo Stretto invitando nuovamente il "governo a una sospensione delle attività fino alla conclusione delle elezioni politiche di aprile" e la società incaricata di realizzare l' opera a "ritirare lo studio di impatto ambientale".
Per l' associazione ambientalista parlano il presidente Fulco Pratesi e la responsabile della commissione Legalità del Wwf, Anna Giordano, che sono oggi a Messina. Anna Giordano sollecita "il ritiro immediato di tutto lo studio di impatto ambientale". "Lo devono fare - spiega - perché è un obbligo di legge presentare un progetto che sia confacente ai dettami delle direttive europee per la tutela del territorio, come quella del 18 ottobre scorso con cui era stata chiesto all' Italia di evitare danni e perturbazioni a questa area protetta, in particolare agli uccelli".
Folco Pratesi ribadisce la richiesta di "moratoria nazionale dell' iter autorizzativo dei progetti previsti dal programma delle infrastrutture strategiche" in vista dell' "avvicinarsi delle elezioni nazionali". "In quel programma - osserva Pratesi - non c' è un'indicazione delle priorità per migliorare i trasporti e la mobilità del nostro Paese, ma un elenco di 531 progetti a pioggia che graveranno, come rilevato dall'Ufficio Studi della Camera dei Deputati, nei prossimi 10 anni sul bilancio dello Stato per un totale di 264 miliardi di euro".
"Il Ponte sullo Stretto non regge: sono enormi i rischi ambientali, di fattibilità e economici del progetto preliminare che, come sostiene Bruxelles, viola le norme comunitarie". Lo ha affermato a Messina l' europarlamentare dei Verdi, Anna Donati, partecipando alla manifestazione 'No Ponte, No Tav'. "Inoltre - ha ricordato la parlamentare europea - al vaglio della magistratura ci sono le procedure di gara, contestata anche dalla cordata esclusa, la Astaldi, con ricorso al Tar. Per questo l' Unione già nel programma vuole invertire la rotta". Anna Donati ha parlato anche della Legge obiettivo che, ha sostenuto, "esclude i cittadini e gli Enti locali interessati dalle grandi opere". "E' la strada sbagliata - ha osservato - che porta a situazioni come quella della Val di Susa, ma che si possono vedere anche nel caso del Ponte. Miglia di cittadini sono stati privati di ogni giudizio e partecipazione e non possono fare altro che mobilitarsi pubblicamente per difendere il proprio territorio". "Per queste ragione - ha spiegato Anna Donati - l' Unione si é impegna anche a cancellare questi punti sbagliati della Legge obiettivo, restituendo un ruolo decisionale agli enti locali".
Fisicamente lontani ma con la mente siamo anche noi lì, a manifestare e gridare NO PONTE E NO TAV!!!!!!

giovedì, gennaio 19, 2006

Calabria, nuova nave affondata


Cinque miglia a largo di Cetraro. Le ricerche della procura di Paola, che indaga sullo spiaggiamento della Rosso.

Una nave lunga tra gli 88 e i 100 metri e larga dai 15 ai 20 metri è stata individuata, su incarico della Procura di Paola, dai tecnici della società Blue Teak al largo di Cetraro, a 4-5 miglia dalla costa e a circa 400 metri di profondità. Il ritrovamento rientra nell'inchiesta avviata dal sostituto procuratore della Repubblica del Tribunale della cittadina tirrenica, Franco Greco, sullo stato di salute del mare e che indaga sullo spiaggiamento della motonave Rosso, nota anche come nave dei veleni, avvenuto ad Amantea (sempre nel Cosentino) il 14 dicembre 1990.

Secondo gli accertamenti, che sono stati eseguiti utilizzando uno strumento sofisticatissimo said scansonner, la nave sarebbe squarciata nel centro e nel raggio di 300 metri sarebbe stata rilevata la presenza di una misteriosa macchia scura. Al largo di Belvedere, inoltre, a dieci miglia dalla costa e a 500 metri di profondità, sempre nel corso delle indagini, è stata rilevata la presenza di un corpo definito estraneo di circa 126 metri. Non è escluso che possa trattarsi di un' altra nave.

«È assai inquietante – ha sostenuto Greco – che nelle carte nautiche del '92 non si faccia riferimento a tale corpo estraneo, solo un anno dopo, nel '93, si parla di relitto misterioso». Le indagini sono state avviate dopo le dichiarazioni di un pentito, riportate dal settimanale “L'Espresso”, in cui si fa riferimento alle "navi a perdere", utilizzate cioè per l'affondamento di rifiuti “scomodi”. Una vicenda che si collega, forse, ad altre navi misteriosamente affondate nel Mediterraneo, imbarcazioni che trasportavano rifiuti tossici e pericolosi, fatti sparire negli abissi. Sui relitti rinvenuti a largo di Cetraro e Belvedere sono necessari ulteriori accertamenti che saranno presto eseguiti.

martedì, gennaio 17, 2006

Videochiamami!!! Videochiamala!!!

I Calabresi si dicono gente onesta e pagano il pizzo....( c'è qualcosa che non mi torna)...
I Calabresi s'indignano per gli omicidi e le intimidazioni... ma non denunciano chi estorce loro del denaro...
Ehm.... No, no, c'è per forza qualcosa che non va... altrimenti siamo difronte a una tragedia, davanti alla quale non ci resta che chiederci... ma che fine hanno fatto le buone e vecchie eccezioni??? Quelle che facevano sperare e credere, quelle che davanti ai microfoni gridavano indignati ma sempre impauriti di fare nomi... Beh forse la verità è proprio questa, senza eccezioni;
Chi può scappa, chi non può resta e viene in qualche modo assimilato da questo magma multicolore... Non cercano stupore queste mie parole, ma la sana indignazione di chi non può e non vuole cedere la SUA terra, il SUO mare alla 'ndrangheta. Cerco il volto di chi non ha perso un senso civico e civile pressochè inesistente, cerco chi non ha dimenticato la legenda siciliana di Colapesce, quella che ci restituisce l'immagine di un territorio debole e ferito, che necessita di interventi di protezione e sostegno, per i quali alla fine l'eroe si sacrifica, giungendo a rinunciare alla sua vita umana sulla terra. Noi ne saremo mai capaci??


Nella Calabria del "pizzo"
nessuno chiama l'anti-racket

Sono muti i telefoni per denunciare le vessazioni
Sotto ricatto 7 negozi su 10, gli altri sono dei boss
DAL NOSTRO INVIATO ATTILIO BOLZONI



REGGIO CALABRIA - Ogni notte è un fuoco, ogni notte la Calabria brucia nel suo malaffare. E paga pizzo. Versano tutti? "Il settanta per cento dei commercianti", risponde il presidente della Confesercenti di Reggio Antonino Marcianò. E gli altri? "L'altro trenta per cento sono loro, sono negozi di proprietà della 'ndrangheta". Nel 2005, al numero antiracket della Confesercenti calabrese nessuno ha chiamato mai.

E anche all'Sos della Confcommercio: neanche uno squillo. Telefoni muti. C'è sempre più omertà nella Calabria della mafia padrona. L'altra sera in uno di quei quartieri di Reggio aggrappato alle prime rupi dell'Aspromonte hanno crivellato a colpi di pistola le saracinesche di quattro macellerie e di tre supermercati, denunce però non ne hanno fatte. All'alba hanno trovato poi sei accendini in fila accanto a sei bottiglie piene di benzina, tutte ben allineate sotto le vetrine di un salone di automobili. Il proprietario della concessionaria ha avanzato sospetti "su qualche ragazzaccio sbandato", è vietato perfino pensarle certe cose in questa città dove ti pieghi oppure salti in aria.

Reggio, via Castello civico 4, la sede della Confcommercio regionale. Il direttore Attilio Funaro è seduto dietro la sua scrivania e allunga la mano verso un telefono. Comincia a raccontare: "Il nostro numero è lo 0965/300196 ma oramai è una linea morta. La scorsa primavera hanno chiamato per sapere come ottenere un rimborso dallo Stato, era un commerciante che aveva denunciato i suoi estorsori tanti anni fa quando in molti anche in Calabria osavano mettersi contro il racket". Ottanta, novanta e anche cento telefonate l'anno fino al 2000. "E poi un calo costante fino alle zero telefonate del 2005", ricorda ancora il presidente Funaro. Di notte fanno i falò e di giorno si presentano a riscuotere.
A volte chiedono "solo" i soldi, 500 euro al mese per le piccole botteghe, anche 3 mila per i negozi più eleganti. Spesso impongono i loro locali ai negozianti costringendoli a pagare pigioni da capogiro. Affittano a metro quadro: fino a 1500 euro l'anno. E poi macellerie, pescherie, botteghe di frutta e verdura devono rifornirsi sempre negli stessi spacci, sempre dai soliti noti. Commessi o camerieri li scelgono loro, l'ufficio di collocamento della 'ndrangheta dà lavoro a tutti.

"Perfino gli arredamenti sono imposti, se uno apre un locale e deve comprare un bancone o un frigorifero sa che deve acquistare tutto dove quelli vogliono", spiega Marcianò di Confesercenti. E accusa: "La situazione in Calabria è drammatica, lo Stato fa solo chiacchiere, lo Stato c'è solo sulla carta".

Un paio di giorni fa il superprefetto Luigi De Sena ha convocato le otto associazioni antiracket sparse per le cinque province, ha ascoltato le loro richieste, ha presentato un piano per fronteggiare il racket. Sta utilizzando fondi europei e fondi regionali per un sistema di video sorveglianza, punta a piazzare telecamere nei punti strategici delle città e dei paesi calabresi. È pragmatico il nuovo superprefetto. Da quel vecchio poliziotto che è, sa bene che boss e "pizzo" non si battono con proclami o parate. De Sena ha un obiettivo: "Dobbiamo essere soprattutto credibili, i nostri progetti devono esser fattibili e coerenti, il resto poi verrà". Ci vuole tempo in Calabria. E farà fatica lo Stato a riprendersi quel territorio abbandonato nelle mani della 'ndrangheta per troppi anni.

Quante denunce avete ricevuto da vittime di estorsione? "Zero", risponde il procuratore aggiunto dell'antimafia di Catanzaro Mario Spagnuolo, mentre con il suo capo Mariano Lombardi descrive i gironi infernali delle 'ndrine del crotonese, di Vibo Valentia, delle Serre, di Pizzo. I reparti speciali di polizia e carabinieri pedinano e intercettano, indagano e fanno retate, quelli che restano intrappolati di solito patteggiano e dopo qualche anno sono ancora fuori a spremere gli stessi commercianti che avevano soffocato prima. E nessuno parla. Mai. I pochi che l'hanno fatto vivono nell'incubo. Lontano dalla Calabria. Sotto scorta perenne.

La Calabria adesso preferisce tacere. "Ma non si può invocare solo e sempre l'intervento dello Stato", spiega Tano Grasso, una bandiera contro il "pizzo", il fondatore di quell'associazione di coraggiosi commercianti siciliani di Capo d'Orlando che 20 anni fa non ebbero paura dei boss. Tano Grasso oggi è il presidente onorario della Federazione italiana antiracket, è sceso in Calabria per incontrare il superprefetto e lanciare una nuova sfida: "Anche lo Stato più perfetto non ti può risolvere il problema, lo Stato più di metterli in carcere non può fare. Ma il dominio della mafia così non cede, il fenomeno si riproduce, bisogna solo fare muro".

Tano Grasso dice che c'è solo un modo per sconfiggere il racket: "La denuncia individuale e la denuncia collettiva: rompere l'omertà. Altre strade non ce ne sono, la Calabria si libera solo dimostrando di non avere paura, io ormai passo la mia vita ad organizzare il coraggio". E la resistenza umana. Qui in Calabria ci sono compagnie di assicurazione che non coprono più i danni per capannoni e macchinari, che non stipulano più polizze a quelli che finiscono nel mirino del racket.

"Conosco colleghi che sono scappati. Uno è ospite al Nord da un alto prelato e viene di tanto in tanto e di nascosto a trovare i genitori, un altro ha due figli che non possono crescere con i loro coetanei perché vivono sotto protezione", racconta Filippo Callipo, il presidente dell'Assindustria regionale, l'imprenditore del tonno che guida la rivolta contro il pizzo in Calabria.

Callipo ha altre idee da Tano Grasso: "Lui dice che gli imprenditori devono denunciare e liberarsi dalle collusioni, io sostengo invece che il cittadino deve innanzitutto sentirsi sicuro, altrimenti l'Sos impresa e gli altri telefoni resteranno sempre muti". Chiedono sicurezza i commercianti e gli imprenditori calabresi. Chiedono anche un altro rapporto con le banche. "Se denunci, per gli istituti di credito diventi automaticamente un cliente a rischio e non ti danno più fiducia", ricorda ancora il presidente di Confesercenti. E spesso i clienti a rischio scivolano nelle grinfie degli usurai.

La 'ndrangheta controlla ormai anche sui prestiti a strozzo. Offre soldi per poi prendersi tutto. E chi non accetta il ricatto, finisce sotto tortura. Come S. B., il proprietario di una pizzeria. Non ha restituito 30 mila euro alla donna di un boss. Quella gli ha detto: "Se non paghi ammazzo per prima tua moglie, le taglio la testa con una fucilata, poi la scaravento sul muro della tua pizzeria. Poi tutta la stirpe, vengo dove abiti e ti ammazzo, ti faccio a pezzettini, ti metto in un sacchetto e ti lascio così sull'uscio di casa di tuo padre".

sabato, gennaio 14, 2006

LA CALABRIA HA FATTO UN SOGNO

CRIMINALITÀ INTERVISTA AL PRESIDENTE DELLA REGIONE AGAZIO LOIERO, DEL CENTROSINISTRA

LA CALABRIA HA FATTO UN SOGNO

Dopo l’omicidio Fortugno, dice il governatore, più volte minacciato, «la gente ha manifestato una forte voglia di legalità. Abbiamo cominciato a cambiare, e questo fa infuriare la ndrangheta, che è la più forte mafia italiana. Anche perché nessuno ne parla».

Agazio Loiero, presidente della Regione Calabria, vive blindato e un po’ se ne vergogna: «È una spesa enorme per lo Stato».

Vede scorrere le città dietro i vetri corazzati dell’auto, sceglie percorsi sempre diversi, decide per il treno, la macchina o l’aereo all’ultimo minuto.

  • Presidente, ha paura?

«Non sono un eroe, ma non mi sento solo. Sono stato anche ministro, ma non avevo mai sentito così vicina la gente come ora. Sono esposto, è vero. L’assassinio di Fortugno era chiaramente un messaggio diretto a me».

  • Però quell’omicidio ha creato un movimento spontaneo e totalmente inedito di protesta…

«Certo e mi ha meravigliato. Nella Locride prima di Fortugno sono state uccise 24 persone e non sono mai stati trovati né il mandante né i sicari. Significa che ci sono un dominio assoluto della criminalità e una rete di omertà fittissima. La gente per strada incontra l’anti-Stato più che lo Stato».

  • La responsabilità di chi è?

«C’è stata negli ultimi anni negligenza da parte dello Stato. Dopo l’omicidio Fortugno, il ministro dell’Interno ha inviato il prefetto Luigi De Sena, un dirigente di altissima qualità, e ha mandato nuove forze dell’ordine. Ma dove c’è una criminalità molto agguerrita, ricca e pervasiva, perché lo Stato possa dare una risposta occorre una combinazione di elementi di carattere sociale, economico, investigativo e di intelligence. Non vorrei caricare il prefetto di troppe responsabilità: tra l’altro, mi risulta che sia senza un quattrino e non sappia cosa fare. Il Governo ha altri problemi».

  • E la magistratura?

«Il Csm ha grandi responsabilità. Nelle zone più esposte come la Calabria, deve impegnarsi per coprire bene i posti in organico. Il fatto che proprio a Locri la sede del procuratore della Repubblica sia rimasta vacante per mesi non è la risposta giusta alla criminalità. C’è un’attitudine diffusa all’illegalità. La si vede anche dalle piccole cose: si va in moto senza casco, non si rispettano i sensi unici. Vedo in giro una sorta di assuefazione che crea i presupposti a una normale illegalità. Questo è il principale problema».

  • Chi deve agire per primo?

«Intanto diciamo chi non ha mai agito finora: la famiglia e la scuola».

  • E la politica?

«Le collusioni sono enormi. E purtroppo, da noi, normali. Lo Stato, dopo gli omicidi di Falcone e Borsellino, si è concentrato sulla Sicilia e ha permesso alla mafia calabrese di crescere a dismisura. L’organizzazione criminale da noi è di tipo parentale: le famiglie si dividono il territorio e incentivano i matrimoni tra loro. Il vincolo del sangue ha ancora un’importanza enorme e anche per questo sono pochissimi i pentiti della ’ndrangheta. Oggi la criminalità calabrese è la più forte del mondo».

  • Lei si è fatta una ragione dell’omicidio di Francesco Fortugno?

«Intanto, stabiliamo che si è trattato di un omicidio di mafia e che chi ha ucciso ha voluto dare un segnale. Fortugno era un cacciatore, non aveva scorta, bastava aspettarlo all’alba in campagna. Invece il sicario ha scelto la domenica delle primarie dell’Ulivo, ha sparato al seggio, è uscito tranquillo ed è sparito nel nulla. Tutto ciò ha un altissimo valore simbolico. Finora la ’ndrangheta non aveva mai ucciso un politico e si era limitata alle intimidazioni. Questa volta ha agito per dire chiaramente al Governo regionale che non piacciono le sue scelte. Fortugno era mio amico».

  • Ma lei, presidente, cosa ha fatto?

«Abbiamo avviato quattro o cinque cose. Non so dire quale abbia turbato di più. Intanto, ho mandato a casa, per legge, gli uomini, una settantina, nominati dalla Giunta precedente di Centrodestra nei posti di comando poco prima della fine del mandato. È stata una cosa indecente: ho trovato nomine fatte il 2 aprile e si votava il 3. Abbiamo vinto tutti i ricorsi tranne due, perché le nostre ragioni al Tar sono state sempre accompagnate da una relazione della Corte dei conti sullo stato disastroso degli uffici. Poi abbiamo deciso una cosa che da noi può apparire rivoluzionaria: il trasferimento delle funzioni amministrative alle Province e ai Comuni. La Regione è solo un ente di programmazione. È ovvio che chi aveva un sodalizio collaudato e forte in Regione è stato turbato. Abbiamo deciso di costituirci parte civile in tutti i processi di mafia, perché danneggia l’immagine dello Stato. In uno di essi abbiamo chiesto 3 milioni di euro di danni a una cosca e gli imputati hanno ricusato il giudice. Abbiamo redatto dopo 35 anni il bando per la costruzione della "cittadella" della Regione Calabria, che attualmente paga l’affitto di 382 appartamenti, spendendo ogni anno circa 6 milioni di euro. Quanti interessi abbiamo toccato? Infine la sanità, che assorbe il 65 per centro del nostro bilancio. Nelle Asl le collusioni mafiose sono enormi. Abbiamo portato da fuori 13 nuovi manager per cercare di iniziare la decontaminazione mafiosa delle istituzioni».

  • Il ponte sullo Stretto non c’entra niente? Perché si parla solo di interessi della mafia siciliana?

«Bella domanda. Io sono contrario al ponte e lo dico con estrema franchezza. La ’ndrangheta ha forse più interessi della mafia siciliana, ma non si dice mai. Probabilmente è una questione di mentalità. La Calabria è la Regione più abbandonata d’Italia. E ciò permette alla nostra mafia di prosperare. Mentre la magistratura e la società civile siciliane si preoccupano, da noi tutto tace e la ’ndrangheta ringrazia».

  • Scusi, perché si è candidato?

«Perché mi sentivo male, ferito nell’orgoglio di calabrese. Quando ho visto i giovani di Locri dopo l’omicidio di Fortugno ho capito che avevo scelto bene. È stata la manifestazione più significativa degli ultimi 50 anni in Calabria. Siamo stati eletti con 20 punti più del Centrodestra. Il messaggio della gente era chiaro, io devo cambiare le cose. Ho cominciato a scalfire la crosta illegittima che copre la società. È evidente che molti si sentono sotto scacco e che qualcuno può cercare di opporsi anche con le pallottole. In tre occasioni me ne hanno mandate una buona manciata. Poi hanno ucciso Fortugno. Le ripeto: ho la giusta paura che mi fa andare avanti».

  • La Chiesa di Calabria l’aiuta?

«Molti preti parlano. Da noi è dal pulpito che si smuovono le coscienze. Bregantini, il vescovo di Locri, è l’esempio per tutti. Dobbiamo stargli vicino».

Alberto Bobbio


I BOSS CALABRESI? SONO I PIÙ FORTI

«La mafia calabrese è uno degli attori principali, a livello mondiale, del traffico internazionale di sostanze stupefacenti e ha un dialogo privilegiato con i gruppi malavitosi sudamericani emergenti, nonché con le organizzazioni criminali di tutto il pianeta». È l’inquietante fotografia della ’ndrangheta che emerge dalla relazione semestrale della Dia (Direzione investigativa antimafia) relativa al primo semestre del 2005. Si ha così la conferma che oggi proprio la mafia calabrese (112 cosche, un affiliato ogni 345 abitanti, un tasso di omicidi 17 volte superiore a quello nazionale) è la pù potente e pericolosa tra le mafie "made in Italy".

«La Calabria», prosegue la relazione, «da tempo, è diventata un nodo strategico per l’importazione e l’esportazione di ingenti quantitativi di stupefacenti provenienti dal Sudamerica e dal Medio Oriente, che la mafia locale smercia in loco e sull’intero territorio nazionale fornendo, in taluni casi, persino il mercato siciliano controllato da Cosa nostra (con la quale la mafia calabrese ha stretto una sorta di "patto federativo")».

Dove finiscono gli ingenti guadagni derivanti dal narcotraffico? «Sono utilizzati per effettuare operazioni di riciclaggio nei mercati mobiliari e immobiliari, affidate a soggetti insospettabili, immuni da precedenti penali, esperti nel campo delle più sofisticate transazioni finanziarie».

Ma nel carnet della ’ndrangheta c’è davvero di tutto: commercio illegale di armi e diamanti, smaltimento di rifiuti solidi urbani e speciali, immigrazione clandestina, estorsioni, usura e infiltrazioni nel sistema degli appalti pubblici. Né potevano mancare le infiltrazioni nelle amministrazioni locali: dal 1995 a oggi sono stati sciolti per mafia 28 Consigli comunali (16 solo in provincia di Reggio Calabria). Dal 1992 al 30 giugno 2005, sono stati sequestrati o confiscati beni di appartenenza ai boss mafiosi calabresi per un totale di 186 milioni di euro e sono state eseguite 2.097 ordinanze di custodia cautelare.

C’è anche chi ha provato a fare i conti in tasca alla ’ndrangheta. Secondo l’Eurispes, il giro d’affari della mafia calabrese ammonterebbe a 36 miliardi di euro (22,3 per il solo traffico di droga).


Buone Nuove per le Università calabresi.

Reggio Calabria, 13 gen - ''Con l'approvazione dell'emendamento all'art. 8 della legge n. 7 del 2001, inserito nella legge finanziaria regionale del 2006, e' stato abrogato il limite di iscritti, per l'assegnazione di finanziamenti alle nuove facolta', a partire dall'anno 2001/2002''. A darne notizia e' il consigliere regionale
della Margherita, Demetrio Naccari Carlizzi, firmatario dell'emendamento approvato dal Consiglio regionale, nella seduta del 29 dicembre scorso. Per Demetrio Naccari, ''con questo emendamento ci saranno piu' opportunita' e maggiore sicurezza economica per gli atenei calabresi. L'approvazione del Bilancio regionale, in riferimento alla legge sull'istruzione, cultura e tempo libero, consente, infatti, di poter promuovere una migliore e piu' adeguata formazione ai nostri studenti''.
L'esponente della Margherita ricorda anche che ''e' stato tra l'altro approvato un altro emendamento, sempre dallo stesso depositato, con il quale potranno essere concessi, sulla base di apposite convenzioni tra l'Assessorato regionale alla Pubblica Istruzione e le Universita' interessate, ulteriori finanziamenti''. ''La legge Moratti - sostiene Naccari - aveva ridotto le opportunita' per le Universita' e quindi la notizia assume un grande rilievo per il mondo della ricerca e dell'istruzione superiore, in quanto interrompe un generale andamento negativo dei finanziamenti per le Universita'''. Conclude Naccari: ''Le iniziative legislative consentiranno, quindi, di finanziare con fondi regionali iniziative di offerta formativa per facolta' di nicchia, che le Universita' potranno istituire, ora piu' libere nel potere programmare l'attivita' dei giovani studenti della Calabria anche in vista delle rinnovate esigenze del territorio, come sta facendo da tempo la ''Mediterranea' di Reggio con il progetto ''Scienze della Citta'', tra le piu' interessanti idee proposte negli ultimi anni''.



Fonte: ASCA

mercoledì, gennaio 11, 2006

Calabria, la vedova Fortugno mette sottosopra la Margherita

L'ombra di Fortugno si allunga sempre di più sulla Margherita calabrese. L'esponente reggino, vicepresidente della Regione Calabria, è stato assassinato più di 80 giorni fa a Locri durante le primarie del centrosinistra. Omicidio quasi sicuramente di 'ndrangheta, sulle cui indagini il riserbo è assoluto. La sedia di vicepresidente continua a rimanere vacante. Non la sua eredità politica, che è stata prontamente raccolta dalla vedova, Maria Grazia Laganà, riuscita nel compito di convincere i cinquemila militanti del circolo della Margherita del marito a confermare l'iscrizione al partito per il 2006. Cinquemila tessere pesanti, con le quali la vedova Fortugno, figlia di un ex parlamentare democristiano, medita di condizionare gli assetti interni al partito di Rutelli e dello stesso presidente Loiero. Non l'ha presa benissimo il vero sostituto di Fortugno, Mimmo Crea, già esponente di primo piano del centrodestra nella passata legislatura. Il suo arrivo tra gli scranni della Margherita ha creato molti malumori nella federazione reggina, che già aveva storto il naso quando il coordinatore provinciale Giuseppe Sera aveva deciso di accogliere il transfugo dalla Casa delle libertà e il suo carico di voti personali. Tante, troppe grane per il governatore calabrese Loiero. Nei giorni scorsi l'ex ministro si è auto-attribuito la paternità del ritardo nella scelta del sostituto di Fortugno alla vicepresidenza, ma la questione è più complessa. L'incarico infatti spetta a uno dei consiglieri della Margherita. Quella sedia brucia ancora troppo, così come la ferita aperta nel cuore dei palazzi calabresi della politica. E il tempo è una minaccia che rischia di incancrenire ancora di più il già teso clima in Regione. Il capogruppo della Margherita in Regione, Enzo Sculco, nell'ultima seduta del 2005, ha promesso di chiudere la partita entro gennaio. Quasi tutti i nomi proposti sono stati bruciati. Qualcuno nella Margherita sostiene che, per rompere gli indugi e mettere tutti d'accordo, Sculco potrebbe decidere di dare una mano a Loiero annunciando la sua disponibilità a subentrare a Fortugno, lasciando così l'incarico di capogruppo. Prima di farlo, però, deve cercare di trovare il suo sostituto, compito nient'affatto facile. Soprattutto visto che la vedova Fortugno potrà, a pieno titolo, dire la sua sul successore. Ma per il governatore calabrese le grane non sono finite. L'Italia dei Valori l'ha messo nel mirino. L'assessore di riferimento del movimento di Di Pietro, Beniamino Donnici, è stato allontanato dal partito, ma Loiero ha deciso ugualmente di confermare il suo incarico. Nei giorni scorsi i vertici regionali dell'Italia dei Valori si sono incontrati a Lametia Terme, alla presenza di un altro ex esponente del centrodestra, Aurelio Misiti, grande tifoso del Ponte sullo Stretto, ex Direttore generale del Ministero dei Lavori pubblici ed ex assessore con la precedente giunta della Cdl. «Restiamo esterrefatti - recita una nota dell'Italia dei Valori - dalla sfacciata impudenza e dall'arroganza di Loiero, che pensa di incarnare monocraticamente la gestione del potere e continua a mortificare un partito intero che ha concorso al successo del centrosinistra in Calabria». La seconda questione è quella relativa all'assessorato al Lavoro, dopo le dimissioni di Egidio Chiarella, esponente di Rifondazione comunista coinvolto nel caso Parentopoli per aver fatto assumere la moglie in una struttura speciale della Regione Calabria. Loiero ha infatti scelto Antonino De Gaetano, consigliere di Rifondazione comunista neanche trentenne, con alle spalle una esperienza assessorile al Comune di Reggio Calabria nella giunta di centrosinistra guidata da Italo Falcomatà. Le prime parole del neo assessore al Lavoro non sono piaciute affatto alla Margherita: «Voglio sconfiggere la precarietà in Calabria, lavorerò affinché non venga applicata la legge Biagi» ha detto De Gaetano, scatenando anche le ire della Cisl. «De Gaetano dovrebbe manifestare più prudenza quando parla di precarietà legata alla legge Biagi ed afferma di sconfessare una legge dello Stato in vigore da circa due anni» ha detto il segretario regionale della Cisl Rosetta Raso, che ha imbastito la difesa d'ufficio della legge voluta dal governo Berlusconi. «Se l'assessore afferma l'equazione precarietà-legge Biagi non conosce la storia della legislazione italiana e regionale in materia di mercato del lavoro perché le flessibilità sono nate molti anni prima. La Biagi ha in parte regolamentato l'esistente ed in parte ha introdotto strumenti innovativi che le regioni devono recepire e normare».


Tratto da
"Il Giornale", articolo di Felice Manti inviato a Reggio Calabria



lunedì, gennaio 09, 2006

ADDIO MIMMO ROTELLA

Si è spento oggi, 9 Gennaio 2006 all'età di 88 anni Mimmo Rotella.

Era il 1952 quando Mimmo Rotella decise di non dipingere più. Aveva 34 anni — era nato a Catanzaro nel 1918 — e trasferitosi a Roma alla fine della guerra, con un diploma di liceo artistico, una carriera da docente appena iniziata, ma soprattutto l’aspirazione ad affermarsi come artista, s’era presto dato a sperimentare nuove tecniche, nuovi mezzi espressivi.
In tempi di montanti polemiche fra realismo, astrattismo, neocubismo, tirò fuori dal suo cilindro la ‘poesia fonetica’— con suoni vari, parole più o meno inventate, fischi, onomatopee — che chiamò ‘epistaltica’, neologismo senza senso. Ma l’ambiente romano non era pronto ad accogliere simili novità, scambiate per bizzarrie. Ciò che forse lo stimolò a tentare rapporti con la Francia; a Parigi, espose per la prima volta nel ’51, per poi trasferirsi negli Usa, ove potè continuare le sue sperimentazioni fonetiche. Il ritorno in Italia, se acuì la crisi di irrequieto avanguardista quale si sentiva, nella convinzione che la pittura avesse ormai esaurito le sue possibilità, segnò anche la svolta che ha deciso la sua vita, la sua identità artistica. Il manifesto pubblicitario: ecco il mezzo espressivo più consono alla nuova scena urbana, immediatamente fruibile da tutti. Le ‘nuove icone’ della comunicazione visiva, alle quali era affidato il messaggio pubblicitario, potevano essere suscettibili di trasformazioni, di manipolazioni creative. Se i cubisti, quarant’anni prima, avevano inventato il ‘collage’, con pezzi di giornale, biglietti, cartoncini e carte varie, per conferire più realtà alla finzione della pittura e al contempo far vedere quei frammenti di realtà come fossero parti integranti della pittura stessa, ora Rotella adottava il procedimento contrario, il ‘décollage’. Vale a dire pezzi di manifesti strappati e incollati assieme, che determinavano una sorta di commistione di brani iconici diversi. E qui, erano semmai una distruzione di senso, o una ‘decontestualizzazione’ di tipo dadaista a governare l'operazione. I primi manifesti strappati li espose a Roma, nel ’55 , quando l’Italia si stava aprendo alla grande temperie dell’Informale, e divampavano ancora le polemiche mal poste fra realisti e astrattisti.
Ma è dal ’58 che il suo lavoro assurge ad una notorietà internazionale, quando viene conosciuto dal critico Pierre Restany, poco dopo ideologo e mentore dei ‘nouveaux réalistes’, risposta europea ai neodadaisti e ai pop artisti statunitensi. Rotella è della partita, anche se non ne firma il manifesto, con Klein, Tinguely, César, Arman Spoerri, Christo, oltre ad Hains, Dufrène e Villeglé impegnati anch’essi nel décollages.
Nel 1992 riceve da parte del ministro della Cultura francese, Jack Lang, il titolo di Officiel des arts et des Lettres. E' invitato al Guggenheim Museum di New York nel 1994 in 'Italian Metamorphosis', ancora al Centre Pompidou nel 1996 in 'Face a' l' Histoiré e nel 1996 al Museum of contemporary art di Los Angeles in 'Halls of Mirrors', una mostra che successivamente viene portata in giro per il mondo, Roma compresa. Al cinema di Federico Fellini dedica nel 1997 il ciclo di opere 'Felliniana'. Nel 1996 l' inaugurazione di una sua mostra, primo caso in Italia, viene diffusa on line su Internet.
Un grande artista calabrese costretto ad emigrare, come tanti personaggi più o meno famosi della nostra Terra, che ha portato in alto il nome dell'Italia all'estero.

sabato, gennaio 07, 2006

Profondo Rosso...




Chi segue questo blog da quando è nato circa due anni fa, sa bene a cosa mi riferisco, con questo titolo abbastanza spettacolare...
La motonave Rosso è ormai il simbolo di un traffico di rifiuti che interessano la Calabria non solo come cosche che lo gestiscono, ma anche come destinataria di questi rifiuti.
Qui sotto trovate tutta una serie di link con articoli che riguardano tanti reportage molti apparsi su L'Espresso, sempre a cura del bravo Riccardo Bocca, l'inchiesta sul legame tra il caso Ilaria Alpi e un traffico di rifiuti tossici che interesserebbe la Calabria.

- Speciale: Il legame tra il caso Ilaria Alpi e i rifiuti tossici in Calabria.

- Speciale: Il legame tra il caso Ilaria Alpi e i rifiuti tossici in Calabria (1)

- Speciale: Il legame tra il caso Ilaria Alpi e i rifiuti tossici in Calabria (2)

- Speciale: Il legame tra il caso Ilaria Alpi e i rifiuti tossici in Calabria (3)

- Speciale: Il legame tra il caso Ilaria Alpi e i rifiuti tossici in Calabria (4)



Ho continuato in questi anni a seguire questa triste vicenda, ieri l'Espresso ha pubblicato un'altro articolo:


Argomenti di classificazioneE' ALLARME ROSSO (BOCCA RICCARDO) a pag. 70/71

Un preoccupante aumento di malati di leucemie e altre forme di cancro dovuto a cause ambientali. Tutti abitanti della zona in cui nel 1990 si arenò la motonave.


Gli interrogativi che pone Bocca sono inquietanti, sembra che questa vicenda sia arrivata ad una macabra conclusione, dove siamo sempre Noi cittadini a pagarne le conseguenze.
Gli interrogativi poi iniziano a sorgere anche qui nella Locride, dove sembra che i casi di cancri e leucemie siano ben al di sopra della media nazionale.

Come sempre però.... tutto tace e l'indignazione sembra ancora una volta aver perso la voce....

giovedì, gennaio 05, 2006

Intitotalata via a Riccardo Misasi

E' stata inaugurata ieri a Cosenza una via a Riccardo Misasi (Cosenza, 14 luglio 1932 - Roma, 21 settembre 2000) Statista, una folla si è riunita nella ex Via Roma, dinanzi alla casa dell’uomo politico, per la cerimonia ufficiale di intitolazione. Il segnale stradale con il nome di Riccardo Misasi è stato scoperto dalla più piccola delle sue nipoti, Isabella. Misasi è stato deputato Dc e ministro della Repubblica, Ministro della Pubblica Istruzione dal 1970 al 1972, Moro si era piu' volte rivolto a lui nei suoi scritti dalla 'prigione del popolo'..


Il figlio Maurizio Misasi è intervenuto ieri ringraziando i presenti.
“Ringrazio Eva Catizone e l’Amministrazione Comunale di Cosenza per la scelta coraggiosa – ha commentato Maurizio Misasi – così come tutti coloro che hanno chiesto che questa o un’altra importante strada della città venisse dedicata alla memoria di mio padre”. Maurizio Misasi cita poi una frase di George Bernard Shaw e una di Robert Louis Stevenson: La prima è: “molti vedono le cose come sono e si domandano, perché? Io vedo le cose come non sono e mi domando, perché no?”. La seconda: “Tutti noi esigiamo compiti più elevati perché non ci rendiamo conto di quanto elevati siano quelli che ci sono già affidati”. “Mio padre scelse l’eroismo della mitezza – ha proseguito Maurizio Misasi – con autentico spirito di servizio nei confronti della sua terra e del suo Paese. Da oggi, Riccardo Misasi sarà una strada, una via. Una via da seguire. Se, come diceva lui, guarderemo al futuro con cuore antico cammineremo sulla esperienza degli altri. Noi – ha concluso Maurizio Misasi – cammineremo sulla sua esperienza e con ostinata speranza ci domanderemo, perché no?”.


Il Presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero in una lettera al figlio lo ha ricordato così,

''Sono lontano dalla
Calabria - scrive Loiero - ma e' come se fosse li' con voi,
tanti sono i ricordi che mi legano alla memoria e
all'insegnamento di Riccardo Misasi, guida di tante
generazioni di politici, che ispirano la loro azione al
cattolicesimo democratico di don Sturzo, di De Gasperi e di
Moro (e, per restare in Calabria, don Luigi Nicoletti), pur
nell'orgogliosa rivendicazione della laicita' dell'impegno
politico dei credenti. Una laicita' - cosi' altri hanno detto
di lui, spiega presidente della regione - intesa come dovere
di misurarsi con la storia, di farsi interpellare dalla
storia, di risponderle proprio per contribuire a costruirne
il percorso''.
Secondo Loiero una strada intitolata a Misasi nella sua
Cosenza ''e' un riconoscimento - forse anche tardivo -
all'uomo politico e di governo che, come pochi altri, ha
rappresentato la Calabria ai massimi livelli e non sempre e'
stata ripagato dalla gratitudine dovuta, soprattutto per
l'impegno continuo e la passione con cui per tanti anni nei
quali ha coperto importanti ruoli nella politica nazionale -
da deputato, sottosegretario, ministro, capo della segretaria
politica della Dc - ha rappresentato in Parlamento e nel
governo gli interessi della regione e nel contempo del
Paese''. Di tutto cio' il presidente della Regione ha intenso
''rendere testimonianza oggi che la Citta', nella quale a
soli 26 anni, dopo essere stato studente al mitico Bernardino
Telesio, inizio' il suo folgorante cammino politico e
culturale con l'elezione a deputato, gli rende giusto omaggio
per iniziativa dell'amministrazione comunale, unendomi a
tutti voi nel ricordo e nel rimpianto''.



Questi alcuni articoli apparsi sui maggiori quotidiani Nazionali dopo la sua morte...




OPINIONE DELLE LIBERTA''
del 23/9/2000
Argomenti di classificazione MISASI, MORO E LA LOGICA DEL DOPPIO STATO (IACOMETTI SANDRO) a pag.3
AVVENIRE
del 22/9/2000
CORRIERE DELLA SERA
del 22/9/2000
REPUBBLICA
del 22/9/2000

Benvenuto 2006....

Da pochi giorni è iniziato questo 2006 ma già ci sono da segnalare le prime notizie, alcune veramente tristi e deprimenti.

Mi permetto di iniziare con una notizia che ho ascoltato stamani a un tg locale; molti roccellesi sapranno che proprio sul finire dell'anno il nostro paese è stato, per l'ennesima volta, colpito da un lutto di un nostro giovane concittadino (mio coetaneo), a causa di un incidente stradale, dovuto anche alle pessime condizioni del manto stradale.
Oggi ho appreso che di fronte a un così grave lutto, il Sig. Costarella di Fi ha scritto al sindaco perché l'Amministrazione si prenda le sue responsabilità, che con una sottile vena polemica già gli imputava. Non vorrei neanche commentare questa uscita da bassa politica, anzi permettetemi da VERGOGNOSA POLITICA, ci sarebbero tante e tante cose da poter rimproverare a questa Amministrazione invece che speculare sulla morte di un giovane.

Cambiamo totalmente argomento, con un'altra amara constatazione però, il Sig. Lorenzo Cherubini ha detto all'Unità: «I ragazzi della Locride meritano la stessa qualità di concerti di New York, Roma e Milano. Volevo che i concerti a Cosenza e Locri fossero uno spettacolo vero. È stato un Capodanno bellissimo. Non lo dimenticherò».
Belle parole, vere, ma dov'era il Sig. Cherubini quando dalle pagine di questo blog si lanciava la notizia e l'iniziativa di raccolta firme per salvare dalla possibile scomparsa il Festival Jazz di Roccella Jonica? Non sa il Sig. Cherubini che la locride ha da poco perso dopo 25 anni la sua stagione concertistica? Sarà forse ad alto livello solo il Suo concerto "gratuito"?


Ecco poi altri Articoli interessanti dei giorni scorsi....



SOLE 24 ORE
del 3/1/2006


SOLE 24 ORE
del 3/1/2006



CORRIERE DELLA SERA
del 31/12/2005


STAMPA
del 31/12/2005


SOLE 24 ORE
del 29/12/2005