Quickribbon Occhio su Roccella: L’economia della Calabria nel 2005. Note a margine di alcuni dati
_@_OcchiO su Roccella _@_ Scelti per Voi: Camilla che odiava la politica - Autore: Luigi Garlando - Casa editrice: Rizzoli. - (Camilla ha dodici anni e vive in un paese di provincia insieme al fratellino e alla mamma. Il papa, in passato braccio destro del Primo Ministro, non c'è più: si è suicidato in carcere sei anni prima, dopo essere stato accusato ingiustamente di corruzione. Da allora Camilla odia la politica e tutto ciò che ha a che fare con essa. Ma un giorno in paese arriva un barbone, che prima la aiuta a ribellarsi a un gruppo di bulli della sua scuola, e poi, piano piano, le insegna che cosa sia la politica, quella vera, quella a cui il suo papa aveva dedicato tutto se stesso. E grazie a quelle lunghe chiacchierate Camilla impara a far pace con la politica e con il mondo, quello dentro di sé e quello in cui vive.)

AdnKronos News

lunedì, luglio 03, 2006

L’economia della Calabria nel 2005. Note a margine di alcuni dati

L’economia della Calabria nel 2005. Note a margine di alcuni dati

Vittorio Daniele


Quasi un annus horribilis, il 2005, per l’economia della Calabria. Un anno in cui la drammatica contrazione del Pil, caduto del 2,7% rispetto all’anno precedente, si è accompagnata con una riduzione dell’occupazione (-2,3%) e con un calo sensibile della produzione extragricola (-2,1%). Questi pochi dati, essenziali e nitidi, sembrano segnalare, meglio di altri, la fase particolarmente critica attraversata dalla Calabria lo scorso anno e ci ricordano, ove ce ne fosse bisogno, le difficoltà strutturali della sua economia.




In un Paese in affanno, nel 2005 a crescita zero, la Calabria ha segnato una performance particolarmente negativa. Il -2,7% in termini di crescita è stato il dato peggiore registrato tra le regioni italiane. Come ogni altro dato però, anche questo, per essere significativo, va inquadrato all’interno di uno scenario, e letto alla luce di tendenze di più ampio periodo. Cominciamo dallo scenario, innanzitutto.

Nel 2005, come avverte l’Istat, si è protratta la fase di debole crescita (quasi una prolungata stagnazione) dell’economia italiana. In breve, l’Italia non è cresciuta. Non è cresciuta perché se nel Centro-Nord l’incremento del Pil è stato pari a zero, nel Sud esso è addirittura diminuito (-0,3%) rispetto all’anno prima. Solo le due Isole (e qualche regione come l’Abruzzo) hanno registrato una crescita positiva. Per il Pil delle altre regioni, tra le quali spiccano Puglia e Calabria, si è verificata, invece, una sensibile decrescita. Cosa significa ciò per il Mezzogiorno?

Ciò che evidente (e qui passiamo all’analisi delle tendenze di medio periodo), è che il processo di debole convergenza, in atto nell’ultimo decennio, tra le regioni deboli del Sud (come la Calabria) e il resto del Paese ha subito una decisa battuta d’arresto.

La forbice della ricchezza tra le regioni italiane è, dunque, destinata a riaprirsi? Un dato congiunturale, per quanto negativo, non consente di affermarlo con certezza. Per poter essere valutati appieno, i processi di crescita (e di convergenza o divergenza) necessitano di un orizzonte temporale piuttosto ampio. Tuttavia, i dati della Calabria possono destare una qualche preoccupazione proprio perché segnalano una condizione non solo congiunturale, ma anche, e soprattutto, strutturale. Un confronto tra il 2004 e il 2005 può forse bastare per illustrare la fragilità della base produttiva regionale, e la sua esposizione ai fattori ciclici. Nel 2004, giova ricordarlo, il Pil della Calabria crebbe a un tasso tra i più alti del Paese. Cos’era accaduto in quell’anno? Senza tante analisi, i dati grezzi mostravano come la crescita calabrese fosse da attribuire ad un’annata particolarmente favorevole per le produzioni agricole, in particolare di quelle olivicole. Nel 2005, invece, la produzione cade. E cade in maniera sensibile soprattutto nei settori extragricoli, ovvero nell’industria e nei servizi.



Una nota merita, poi, il dato relativo al Pil pro capite (un indicatore importante, che ci fornisce un’idea del livello di sviluppo di un’economia). L’anno scorso il Pil pro capite in Calabria è stato pari a poco meno di 15.000 euro, mentre in Trentino è stato di 30.400 euro. Un calabrese ha dunque prodotto, in media, il 49% di un Trentino o il 55% di un abitante del Centro-Nord. Il divario continua, dunque, a rimanere assai ampio e con poche probabilità di ridursi, se le tendenze in atto dovessero continuare.

Passiamo all’andamento dell’occupazione. Anche qui, come accennato, i dati del 2005 mostrano una situazione di difficoltà. L’anno scorso, nel nostro Paese, l’occupazione è diminuita. Nel Mezzogiorno, in particolare, in cui si registra ormai da tre anni una flessione, il calo è stato comparativamente maggiore (-0,8%).

In Calabria, che insieme con il Molise ha avuto la peggiore performance, l’occupazione è diminuita del 2,3%. Questo valore sembra segnalare come le fasi di rallentamento si riflettano sensibilmente su un mercato del lavoro strutturalmente debole, non in grado di generare nuova occupazione.

Infine, qualche altro dato può fornire un’idea dello scarso grado di competitività della nostra regione. Si tratta di quello sugli investimenti diretti esteri, diffuso da qualche giorno dall’Ufficio Italiano dei Cambi. È, questo degli investimenti esteri, un aspetto spesso trascurato, ma importante, soprattutto per una regione debole come la nostra, bisognosa di ampliare la sua base produttiva. Ebbene, nel 2005, la Calabria ha ricevuto circa nove milioni di euro di investimenti esteri, due milioni in meno rispetto all’anno prima. Si tratta di una cifra irrilevante se confrontata con quella delle altre regioni (anche dello stesso Mezzogiorno) e pari allo 0,01 del totale nazionale. Questo dato ci mostra come la nostra regione non racchiuda significativi fattori di attrazione per gli investitori esteri. Le cause sono molte, e anche molto note. E ciò che rileva è che né gli incentivi, né le politiche di promozione, sembrano sortire degli effetti positivi sugli investimenti.

Che fare, dunque, di fronte a questo quadro? La risposta è certo complessa, e i suggerimenti degli economisti molto articolati per poter essere compendiati in una nota a margine di alcuni dati. Tuttavia mi pare che senza una decisa azione di politica economica, diretta ad offrire al Mezzogiorno (e dunque alla Calabria) significativi incentivi agli investimenti, molte iniziative rischiano di rimanere inefficaci.

Quale azione di politica economica? Non certo quella centrata esclusivamente sui contributi pubblici agli investimenti che, se non inseriti all’interno di un quadro più ampio di incentivazione, sembrano essere scarsamente efficaci (come l’esperienza meridionale sembra dimostrare). Mi riferisco, piuttosto, a incentivazioni fiscali territorialmente differenziate (e automatiche) e a politiche specificamente dirette alle grandi imprese, anche estere, come i contratti di localizzazione. Naturalmente ciò non esclude (anzi implica) interventi strutturali, diretti a migliorare le condizioni di contesto e la qualità di molti beni pubblici, ancora insufficienti nella nostra regione. Come mostrano molti studi, infrastrutture carenti sia quantitativamente che quantitativamente, una burocrazia inefficiente, spesso non adeguata alle esigenze del sistema produttivo, e una presenza criminale pervasiva sono alcuni dei vincoli di contesto che maggiormente frenano la crescita economica calabrese.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Purtroppo non solo in Calabria vi è una forte crisi economica... basta vedere il Veneto, ruggente base dell'economia italiana che vede soffiarsi il posto dalle produzioni cinesi che costano meno...
Vabbè
Pippo&Saso
www.lcterrona.blogspot.com