All About Jazz sul Festival di Roccella!
Recensione live
Roccella Jazz Festival 2005
Rumori Mediterranei
Roccella Jonica (RC) - 24-27.08.2005
Libero Farne'
Dopo aver distribuito cinque concerti in altrettante localita', a partire da Reggio Calabria, la venticinquesima edizione del Roccella Jazz Festival si e' concentrata a Rocccella Ionica dal 24 al 27 agosto. Il palinsesto era estremamente lineare. Nel pomeriggio, presso l'Auditorium Comunale, sono state proposte esperienze che intrecciavano il jazz ad altre forme espressive: la poesia, la danza, il teatro, il cinema. Le quattro serate all'aperto nel capiente Teatro al Castello comprendevano invece due concerti: a un primo set prettamente jazzistico, ne seguiva un secondo con nomi di grande richiamo, prevalentemente estranei al jazz, che hanno favorito un'enorme affluenza di pubblico. Ha fatto eccezione la serata conclusiva, che ha privilegiato lo spettacolo (Paolo Rossi con Gianmaria Testa e la Michael Nyman Band) a scapito del jazz.
Una logica espositiva di questo tipo, da anni perseguita dal direttore artistico Paolo Damiani, si basa sulla ferma convinzione che oggi e' piu' opportuno approfondire i momenti di convivenza, confronto ed interferenza fra jazz ed altri generi, piuttosto che continuare a mettere in evidenza l'autonomia e l'originalita' espressiva di questo linguaggio musicale. Al medesimo criterio risponde la collaterale organizzazione di laboratori di fotografia, cinema e teatro, oltre che di musica.
Fra i concerti di ambito extrajazzistico, quello di Noa e' stato il piu' trascinante ed anche il piu' in sintonia con quell'intreccio culturale che e' l'assunto di Rumori Mediterranei (come da anni viene sottotitolato il festival). La duttilita' e la sensibilita' vocale le hanno permesso di interpretare con grande comunicativa e partecipazione i successi di varie provenienze culturali: hit del pop americano, cadenze latine, canzoni partenopee e, ovviamente, melodie della tradizione mediorientale si sono concatenate con naturalezza. La cantante israeliana, oltre cha dai fidi Gil Dor e Zohar Fresco (chitarra e percussioni), e' stata perfettamente coadiuvata dal guizzante dinamismo del gruppo napoletano Solis String Quartet. Come ospite speciale e' intervenuto Nicola Piovani, proponendo alcuni dei suoi temi piu' noti, gran parte dei quali integrati da testi elaborati dalla cantante.
Il concerto di Michael Nyman ha confermato che oggi la sua musica e la sua band hanno perso in parte l'irreprensibile puntigliosita' di un tempo per acquistare una maggiore umanita'; se la visionaria lucidita' di queste combinazioni minimali derivava da una geometrica perfezione esecutiva, l'impatto dei collettivi attuali si avvale di una maggiore partecipazione emotiva. Gli orchestrali, per lo piu' collaboratori del compositore da lunga data, non agiscono come macchine, ma come interpreti che danno il loro contributo con sonorita' particolari e timbri sforzati, a costo magari di qualche sbavatura.
Scontata la presa sul pubblico di un indiavolato Paolo Rossi, in coppia con il cantautore Gianmaria Testa, mentre, imprevedibilmente, non altrettanto successo ha ottenuto il progressive rock energico e ben arrangiato, paradigmatico e quasi antologico del quintetto di John Greaves, ex membro degli Henry Cow.
Nonostante la programmatica trasversalita' del festival (ed e' pur vero che una pronuncia di derivazione jazzistica era qua e la' percepibile negli accompagnatori di Noa, Testa e Greaves), il successo di Noa, Nyman e Paolo Rossi rende inevitabile qualche interrogativo. Sotto il profilo del richiamo e dell'impatto sul pubblico il jazz di oggi puo' reggere il confronto con altri generi di spettacolo? Nel mondo del jazz esistono nomi che potrebbero calamitare e soddisfare un pubblico altrettanto numeroso? Se si' con cachet maggiori o minori? Inoltre un festival cosi' concepito sarebbe piu' opportuno omettere la parola "jazz" dalla sua denominazione, oppure il termine ha ancora un valore identificativo?
Diverso e' il discorso sugli appuntamenti pomeridiani che, puntando su quella predisposizione all'apertura e al confronto che il jazz ha dimostrato in tutta la sua storia, hanno proposto alcuni incontri interdisciplinari coraggiosi, impegnativi e, alla prova dei fatti, piu' che convincenti. Decisamente esilarante la versione di Pierino e il lupo data da Ivano Marescotti in stretto dialetto romagnolo, con Stefano Bollani impegnato a improvvisare sul pianoforte le parti orchestrali scritte da Prokofiev. La quasi totalita' degli spettatori (e lo stesso partner sul palco) non ha capito una sola parola della recitazione dialettale di Marescotti, ma, oltre alla notorieta' del testo, la mimica, l'ironia, le inflessioni della voce hanno reso pienamente godibile la performance. Da parte sua Bollani, brillante per fantasia, verve e tocco (quel tocco e quella diteggiatura che lo rendono uno dei grandi virtuosi odierni della tastiera), ha creato l'ideale commento musicale.
Il connubio fra jazz e danza e' stato rinnovato da Virgilio Sieni e Louis Sclavis, che fra l'altro in gioventu' e' stato anche danzatore. Le linee sonore e coreografiche da loro intrecciate sono state prevalentemente ideogrammatiche come un alfabeto orientale, ora spigolose e artefatte, ora piu' morbide e naturali, a volte ostiche, ma sempre in sintonia fra loro e mai banali. Come definire questa ricerca di un codice rigoroso, forse un po' involuto in una dimensione privata, che sembra voler dare una trasfigurazione estetica ad una quotidianita' rituale e nevrotica?
Per una delle tante produzioni originali del festival Cipri' e Maresco hanno concepito Inventario siculopalermitanesco, un percorso filmico in cui, secondo la loro visione cinica e grottesca, si intrecciano riprese attuali a spezzoni d'epoca inediti. Personaggi e contesti socio-ambientali tipici dei due registi palermitani sembrano mettere in evidenza come il degrado di un tempo si sia incancrenito e saldato con quello, forse ancor piu' deteriore, di oggi. Salvatore Bonafede e Enrico Rava hanno sottolineato alcune fasi della pellicola in buona sintonia ritmica e poetica con esse.
Stretta connessione fra linguaggi diversi anche in uno dei progetti speciali della sera, quando la musica di Paolo Damiani, eseguita dal suo quartetto (Javier Girotto, Bebo Ferra e Danilo Rea, oltre al leader), ha sostenuto un adattamento di alcune novelle delle Mille e una notte, recitate da Arnoldo Foa' e Lella Costa. Baghdad e Bassora, localita' che le vicende recenti hanno reso tristemente famose, hanno emanato ben altri profumi e riflesso ben altra luce in queste fiabe inanellate dalla fantasia di Sherazade con grande seduzione e potere salvifico. Alla recitazione dei due attori, piana e, appunto, favolistica, ha fatto riscontro una dimensione musicale avvolgente e sospesa, di suggestivo melodismo, in cui hanno trovato un'opportuna rivisitazione anche composizioni gia' note di Damiani, nonche' motivi dall'omonima suite sinfonica di Rimskij-Korsakov.
Fra le proposte piu' strettamente jazzistiche hanno spiccato due duetti. Grande senso ritmico e melodico, buon gusto e insinuante intreccio hanno caratterizzato, come sempre, la reinterpretazione di successi del pop di ieri e di oggi da parte del collaudato duo Danilo Rea - Enzo Pietropaoli. Quasi una prima assoluta invece l'incontro fra Enrico Pieranunzi e Louis Sclavis. Composizioni fortemente contrastate, dell'uno o dell'altro, ora arcigne ora danzanti, hanno avviato un'improvvisazione tumultuosa, densa di umori e di invenzioni spericolate. Ha fatto un estremo piacere vedere il nostro pianista muoversi con grande autorevolezza ed inventiva su un terreno che non e' fra i suoi piu' abituali.
Nell'ambito dell'etno-jazz attuale l'etichetta Egea rappresenta quella sensibilita' tipicamente italiana, che nelle esperienze musicali del passato e' riconoscibile anche nell'approccio di personaggi diversi come Respighi e Umiliani, Morricone e Murolo. Vale a dire un atteggiamento creativo in cui il riferimento popolaresco viene rielaborato, complicato ed ingentilito, acquisendo un tono pittoresco e arguto, a volte nostalgico e ridondante. Tutto questo, e non solo, era racchiuso nella produzione originale curata per l'Egea Orchestra da Germano Mazzocchetti, fisarmonicista, compositore ed arrangiatore di lunga esperienza. Le sue orchestrazioni dinamiche ed incisive, lontane da un compiaciuto edonismo, hanno cucito con sapienza le parti collettive e quelle solistiche. Certo Mazzocchetti ha potuto fare affidamento su un tentetto di tutte stelle della scuderia Egea, fra le quali hanno avuto modo di brillare in modo particolare Pietro Tonolo, Enrico Pieranunzi, Fulvio Maras e soprattutto uno strepitoso Gabriele Mirabassi.Il Testo originale tratto da all about Jazz.com
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